Dobbiamo aspettare che succeda anche a Targia?

 Dobbiamo aspettare che succeda anche a Targia?

Viadotti a confronto. Nell’agrigentino, sulla strada statale 626 ne crolla uno all’altezza di Ravanusa. Diverse vetture coinvolte nel successivo tamponamento a catena, sei feriti e fortunatamente tragedia solo sfiorata. Il ministro dell’Interno, Alfano, che è di Agrigento, ha subito chiamato il capo della Protezione Civile e sollecitato l’Anas, responsabile di quel tratto di strada. Subito nominata una commissione tecnica e – c’è da giurarci – presto pronti anche i fondi statali per ricostruirlo.
Inevitabile a Siracusa pensare al viadotto di Targia. Nessun crollo, sia ben chiaro. Solo un generico rischio evidenziato da quella perizia tecnica che nel 2013, a febbraio, ne suggerì la chiusura in attesa di una manutenzione straordinaria. Ma tra la gente monta la preoccupazione: “se non succede qualcosa come nell’agrigentino, qua non lo faranno mai”. Come dire che nessuno crede possibile che si riesca a metter mano ai lavori se prima non succederà “un dramma”. Tutti li scongiuri sono autorizzati. Nel disincanto dei siracusani, ormai rassegnati alla chiusura del viadotto da 18 mesi, “noi non abbiamo neanche un ministro che si muova veloce come Alfano per Agrigento”.
Per la verità, più che un ministro basterebbe anche una deputazione regionale unita, almeno su quest’opera (i deputati regionali agrigentini stanno per essere ricevuti dal ministro Lupi, ndr). L’assessore regionale Maria Rita Sgarlata, siracusana, aveva annunciato la disponibilità dei fondi europei. Vero per metà. I soldi ci sono, venti milioni di euro. Ma vanno distribuiti tra tutti quei progetti inserito nell’elenco regionale delle vie di fuga principali. Il viadotto di Targia è in posizione 346. Potrebbe “scalare” la classifica ora che è stato indicato come via di fuga dalla zona industriale. In precedenza, era erroneamente stata presentata a Palermo come via di fuga da Siracusa, quando invece il piano di protezione civile prevede proprio lì i cosiddetti cancelli mobili di chiusura. Insomma, da là non si scappa. Semmai, si entra. “E così la realizzazione dell’opera diventa ancora più importante”, assicura il deputato regionale Enzo Vinciullo che quell’errore originale ha corretto. Oggi nuova riunione in Programmazione, all’Ars. Si attendono potenziali buone nuove.
Ma a risaltare oggi è anche quella che, alla prova dei fatti, pare essere stata una mossa strategica errata. In estrema sintesi, nei primi anni duemila l’Anas “regalò” il tratto da Targia al Mercato Ortofrutticolo agli enti locali: l’allora Provincia Regionale e il Comune. Risultato? Oggi sul viadotto dovrebbe intervenire il Comune. Che non ha i soldi necessari. Allora si chiede l’intervento della Regione. Che a sua volta guarda ai fondi della programmazione europea.
Se la proprietà fosse stata ancora dell’Anas, si sarebbe potuto pianificare un bando di gara con fondi statali o con somme Ue già disponibili. Magari l’appalto sarebbe già stato assegnato, diciotto mesi dopo la chiusura. Quando invece oggi di certo c’è solo un progetto  – che magari da qui all’avvio dei lavori andrà rivisto e rielaborato -e poi null’altro.
Facciamo una scommessa? Il viadotto agrigentino verrà ricostruito in breve tempo. Certamente prima di quello siracusano. “Si, però quello è crollato”, si dirà. Ok, ma che dobbiamo fare: aspettare che si sbricioli anche quello di Targia?

 

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