Il racconto di Elio Vincenzi. "Il dna e poi andremo a riprenderla"

“Nella tristezza del momento, sono sereno. Si chiude un percorso di dolore complicato, iniziato diciotto mesi fa”. Al telefono la voce è ferma e non tradisce emozioni. Elio Vincenzi è in macchina, sta rientrando a Priolo dopo avere trascorso la giornata a Catania. Era stato convocato ieri, una telefonata per annunciargli che avrebbe dovuto guardare delle foto di oggetti rinvenuti accanto al corpo trovato dai sub nel relitto della Costa Concordia.
Una notte di attesa, durante la quale ha ripercorso “il saliscendi delle speranze che si alternavano” degli ultimi mesi. Poi, al mattino, con la figlia Stefania, si è recato in questura a Catania. Per lui la formale cordialità dei funzionari, uno anche della Costa Crociere, e poi la triste formalità.
Tre foto da guardare, per capire se gli oggetti trovati accanto a quel cadavere potessero permettere di individuarlo con una certezza quasi totale, prima ancora del risultato del test del dna comunque disposto dalla Procura di Grosseto. Vincenzi guarda le immagini, le scruta. Una borsa, un paio di scarpe, una catenina. Non ha dubbi. Nè lui, nè la figlia Stefania. “Quegli oggetti appartengono a mia moglie Maria Grazia Trecarichi”. Tutto d’un fiato.
“Nella sfortuna di quanto è accaduto, almeno adesso possiamo confidare di riportarla a casa”. Bisognerà attendere lo sta bene della procura toscana. Poi il corpo potrà essere consegnato ai familiari e seppellito non a Priolo ma a Leonforte, il paese di origine della Trecarichi, nella tomba di famiglia. “Potremo così celebrare il funerale e almeno avremo un posto fisico dove andare a trovarla e piangere”, racconta Vincenzi.
Più provata la figlia Stefania, in silenzio. “Per lei rimane un momento terribile”, sussurra con dolcezza e viene da immaginarlo mentre la rassicura con lo sguardo.
Il corpo è stato ritrovato verso la fine della nave, sul ponte tre, a una profondità di dieci metri dopo la rotazione del relitto. Prima, quella zona era sommersa da 35 metri d’acqua. “Lo hanno ritrovato dove non mi aspettavo. Mia moglie era sul ponte 4 ma immagino che la forza dell’acqua sia stata tale da portarla da tutt’altra parte. I resti non avrebbero subito l’offesa del tempo ma chiaramente si trovano in mare da quasi due anni. Non importa. Aspettiamo la formalità del test del dna e dopo andremo a riprenderla”.