Ma cosa succede in casa Pd?

 Ma cosa succede in casa Pd?

Il Pd ha un elettorato generoso pronto a capire le lotte, le dispute e le divisioni. La base vota per convinzione ideologica reale e così si spiegano i risultati delle urne a dispetto delle mille beghe, specie nazionali. Siracusa non fa eccezione. Anzi, diventa a suo modo un paradigma. Ma vallo a spiegare ad un elettore del centrosinistra cosa sta succedendo qui, in riva allo Jonio.
Ci si aspettava in fondo una nuova stagione,  dopo oltre due lustri Siracusa è retta da un sindaco di sinistra.  La realtà, invece, è sempre la stessa: divisioni, correnti, mille anime, lotta di potere. Il caso Schiavo è sintomaticato di un partito a parole unitario ma sempre più spaccato. In gioco c’è la leadership dei prossimi anni. Forse anche la sopravvivenza di un’area a discapito di un’altra. I rampanti renziani da una parte, l’establishment dem ed ex bersaniani dall’altra.
L’area Innovazione, di cui Schiavo era il candidato prima dell’esclusione, è data in forte ascesa. Sarebbe numericamente superiore, praticamente con la segreteria in tasca. Ma non è forse avvezza a quelle battaglie inevitabili quando in ballo c’è un avvicendamento al potere. Più “smaliziata” – nessuno si offenda – la controparte, che da anni tira le fila delle manovre del partito in provincia. E certo senza nessuna voglia di mettersi da parte adesso.
Fazioni in lotta, ma non nel chiuso della segreteria. Tutto in pubblico, con comunicati stampa al vetriolo e interviste di fuoco. Pacificazione? Praticamente impossibile. Come sembra lontana la tregua elettorale di pochi mesi fa.
Certo le dimissioni di Schiavo potevano essere rese pubbliche subito, sin dal venerdì in cui sono state protocollate. Si potevano “pacificamente” studiare soluzioni alternative tra le pieghe di uno Statuto mai veramente rigido nelle norme e nell’interpretazione, per mantenere un equilibrio apparente. Chissà, forse da una parte e dall’altra si cercava, anche incosciamente, lo scontro.
Che sia una “rivincita” per lo “sgarbo” subìto in Consiglio Comunale (Castellucio pareva avere la presidenza in mano, ndr) o una lotta per le regole ed il loro rispetto poco toglie alla sostanza della vicenda. Cosa ne sarà di un Pd provinciale con una segreteria a metà, al comando ma senza il supporto interno pieno o almeno maggioritario? Posto che nessuno dei contendenti vuole finire all’angolo, quale sarà il finale della storia? Ma soprattutto, il primo partito della provincia può sopportare uno strappo e la nascita – eventuale – di un nuovo soggetto?

 

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