Paolo Borrometi, il giornalista che ha svelato gli affari della mala pachinese: "non sono un eroe"

I boss di Pachino volevano ucciderlo. Troppo fastidio con quelle sue inchieste. Ed erano pronti a chiedere aiuto ai catanesi del clan Cappello. Paolo Borrometi, professione giornalista, finiva spesso nelle conversazioni intercettate dalla polizia e sfociate in una indagine che ha condotto a 4 arresti, in collaborazione con la Direzione Distrettuale Antimafia. “Nessuno di noi è un eroe o un esempio, siamo solo giornalisti che vogliono continuare a fare il loro lavoro. Ma una cosa la voglio dire con forza: ieri lo Stato ha vinto, perchè è riuscito a intercettare prima quello che poteva accadere e che qualcuno voleva accadesse”, ha detto oggi Borrometi, direttore del sito di inchiesta “La Spia” e collaboratore dell’Agi. Ha incassato la solidarietà di tutto il mondo dell’informazione nel corso della conferenza stampa organizzata da Federazione nazionale della stampa, Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, UsigRai e Articolo 21. “Il problema – ribadisce Borrometi – non siamo noi, ma i mafiosi che continuano a delinquere nella convinzione di restare impuniti”, puntualizza il giornalista ragusano che per le sue inchieste da anni vive sotto scorta.
“Ai cittadini che non denunciano, perchè hanno paura di essere lasciati soli, dico che io e quelli che come me scrivono di queste cose non siamo soli. E a tutti chiedo di farci da scorta mediatica, di aiutarci a far capire che la mafia esiste, che quanti dicono il contrario, loro sì ci stanno condannando a morte”.