Siracusa. Auto sbatte e cappotta, incidente autonomo nella notte in via Columba

Incidente autonomo nella notte in via Columba, proprio accanto ad un noto bar gelateria. Pochi metri dopo la rotatoria all’incrocio con via Elorina, per cause da accertare, una Fiat Punto ha prima sbattuto su di una vettura posteggiata a bordo strada per poi finire capottata. Nell’impatto, anche un paio di scooter parcheggiati accanto sono finiti per terra.
A prestare i primi soccorsi sono stati i passanti che hanno allertato il 118 ed i Vigili del Fuoco che si sono occupati della vettura capovolta e di chi era al suo interno.
Fortunatamente non risultano feriti gravi. Alla guida c’era una ragazza di 22 anni. Solo tanta paura ed un conto danni piuttosto voluminoso.




Piano regionale qualità dell'aria, per il Tar hanno ragione le industrie: "dati obsoleti e superati"

Sul piano regionale qualità dell’aria hanno ragione le industrie. Così ha sentenziato il Tar di Palermo, chiamato a pronunciarsi sui ricorsi presentati in primo luogo dalle aziende presenti nella zona petrolchimica ed energetica di Siracusa. “I ricorsi devono essere accolti nei limiti dell’interesse di parte ricorrente, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati nella parte in cui il Piano dell’aria (anche in conseguenza della presupposta Zonizzazione) impone alla società misure e attività che, a prescindere dalla loro concreta fattibilità, comporterebbero oneri ingenti e del tutto sproporzionati a fronte di dati non conformi ai necessari presupposti normativi e finanche rispetto al beneficio ambientale perseguito”, si legge nel provvedimento. Insomma, non solo la zonizzazione delle aree industriali non è stata realizzata correttamente ma persino le misure ed i provvedimenti richiesti per perseguire il miglioramento della qualità dell’aria produrrebbero – semplificando il Tar – piccoli benefici ambientali dall’enorme costo per le aziende.
I giudici amministrativi palermitani bocciano sonoramente gran parte dell’attività condotta dalla Regione, attraverso l’assessorato competente. Ipotizzabile un ricorso al Consiglio di Giustizia Amministrativa per provare a salvare un provvedimento che, però, non ha superato l’esame del Tar.
Le industrie hanno sempre bollato il piano regionale di qualità dell’aria come “inadeguato” perchè fondato su dati e modellistiche che risalgono al 2005 e solo in alcuni casi al 2007. Dati obsoleti, “non più rappresentativi dell’attuale qualità dell’aria nelle diverse aree del territorio siciliano, nonostante l’art. 4 D.Lgs. 155/2010 prescriva il riesame almeno quinquennale della classificazione”. E l’utilizzo di una base di dati non aggiornata, “pregiudica l’attendibilità delle simulazioni, conducendo alla definizione di interventi di tutela della qualità
dell’aria – soventi onerosi per le imprese – in difetto di una reale necessità essendo lo stato reale diverso da quello simulato in base a dati obsoleti”. Non solo, secondo quanto sostenuto nei loro ricorsi dalle aziende, i dati sarebbero tecnicamente errati “poiché non terrebbero conto delle significative migliorie introdotte tramite le singole A.I.A. rilasciate agli operatori industriali”.
Censure accolte dai giudici amministrativi. “E’ un dato di fatto (…) che il Decreto è fondato su dati e modellistiche risalenti al 2005 e solo in alcuni casi al 2007, pertanto, obsoleti e non più rappresentativi dell’attuale qualità dell’aria nelle diverse aree del territorio siciliano”, conferma il Tar di Palermo bocciando la linea difensiva dell’amministrazione regionale secondo la quale sarebbe irrilevante l’utilizzo di dati vetusti perché tali dati “dovrebbero essere elaborati al solo fine di individuare le zone e gli agglomerati”. In realtà, spiegano i magistrati del Tar, “se la zonizzazione e la classificazione costituiscono il presupposto su cui poi elaborare i conseguenti piani di risanamento della qualità dell’aria, esse devono necessariamente essere fondate su dati quanto più fedeli possibile rispetto alla reale situazione emissiva nelle aree considerate”. L’utilizzo di dati ultranquinquennali è, per il Tar, anacronistico e illegittimo.
L’esame della documentazione disponibile sul sito dell’Arpa (relazioni annuali sulla qualità dell’aria per gli anni dal 2014 al 2018 ed i documenti relativi alla “Modellistica meteo e di qualità dell’aria per la regione Sicilia” per gli anni dal 2015 al 2018) evidenzierebbe poi “significative modifiche sul carico emissivo esistenti fra la condizione del 2007 e quella del 2012 che influiscono in modo significativo sulle condizioni di qualità dell’aria”.
Sotto un altro profilo, quello della zonizzazione, il criterio semplificativo utilizzato “per unificare realtà territoriali sparse per l’isola” è da rivedere perchè accorpa “realtà disomogenee tra loro proprio in relazione al carico emissivo che invece avrebbe dovuto differenziarle”. Appare condivisibile dal Tar di Palermo la valutazione di “illogicità di un tale scelta, atteso che le azioni che devono essere necessariamente adottate per ridurre l’impatto di un certo inquinante nelle aree industriali ove esso rappresenta il maggior carico (IT1914), non si appalesano invece necessarie per le altre aree in cui insistono sempre comprensori industriali”.
La zonizzazione/classificazione adottata nel 2012 sarebbe stata eseguita in base ai dati della popolazione del 2001, ai carichi emissivi del 2007 e a simulazioni di dispersione del 2005. In altre parole, “su dati non più attuali e precedenti ai limiti temporali indicati dal D.lgs 155/2010, e come tali inattendibili. Appare allora evidente che nessuna esigenza di semplificazione poteva giustificare l’accorpamento di tutte le aree industriali in un’unica zona”.
Pesante anche la batosta sulle stazioni di misurazione. Già il Rapporto Annuale sulla Qualità dell’Aria 2015, allegato al Piano, “evidenzia come molte delle stazioni di misurazione non raggiungano i valori di
efficienza previsti dal D. Lgs. 155/2010”. Nello stesso Piano (pag. 173) si indica che “oltre il 50% dei dati rilevati dalle stazioni dell’area di Siracusa non raggiungono l’obiettivo di validità del 90% con evidente ricaduta in ordine al grado di attendibilità e certezza dei dati rilevati”. E in più, “nella relazione ARPA anno 2018 sulla qualità dell’aria nella regione siciliana si dà in più punti atto che le attività volte alla revisione e adeguamento della rete di monitoraggio sono tuttora in itinere. Anche il Ministero dell’Ambiente nelle osservazioni al Piano ha rilevato l’inadeguatezza della rete di monitoraggio”.
Per il collegio giudicante, sul punto emergerebbe evidente “la discrasia tra quanto richiesto dal D. Lgs. 155/2010 in merito alle modalità di valutazione della qualità dell’aria e quanto realmente posto in essere dalla Regione”.




Dopo la sentenza del Tar, i commenti: la soddisfazione di Bivona (Confindustria) e dei sindacati

Non tardano ad arrivare i commenti e le valutazioni dopo la sentenza del Tar di Palermo che ha congelato il piano regionale di qualità dell’aria. Per il presidente di Confindustria Siracusa, Diego Bivona, “l’odierna sentenza del Tar che accoglie tutte le motivazioni delle aziende ricorrenti avverso al Piano conferma quanto affrettate ed ingiustificate ma soprattutto lesive fossero alcune prescrizioni impartite alle aziende stesse. Da mesi invochiamo un franco confronto con i tecnici dell’Assessorato all’Ambiente con l’obiettivo comune di apportare dei correttivi al Piano affinché le misure derivanti dal Piano stesso fossero realmente efficaci per la salute della popolazione e tenessero conto della sostenibilità economica dei costi relativi. Oggi, nel ribadire che è importante ed imprescindibile che la Regione si doti di un Piano di tutela della qualità dell’aria che sia rispettoso di tutte le norme comunitarie e nazionali in vigore, nonché dell’ordinamento giuridico, auspichiamo che presto si possa avviare un tavolo tecnico che prenda in esame quanto rilevato nella sentenza del Tar. Le Aziende interessate si impegnano, nel contempo, a proseguire i propri progetti di miglioramento e adeguamento previsti nelle Aia”.
Dal mondo sindacale, la segretaria provinciale della Cisl, Vera Carasi, parla di tematiche che non vanno affrontate “con isterismi e ambientalismi esasperati e fuori da ogni logica. Bisogna mettere in campo scienza e coscienza. Il sindacato è da sempre disponibile ad affrontare con grande senso di responsabilità una tematica così importante per il territorio e per l’industria. Ma la cosa importante, superato questo problema, è capire che bisogna andare oltre. Non sono più possibili alibi e scuse, vale soprattutto per le aziende, e mettere in campo investimenti e progettualità. Quello che sempre abbiamo sostenuto, con l’aiuto della tecnologia, investimenti e programmazione si ottengono risultati che sono, poi, ricadute economiche e occupazionali per il nostro territorio. La sentenza di oggi diventa, adesso, il punto di partenza per un nuovo impegno di tutte le parti. Subito un tavolo, sindacato e politica a salvaguardia del lavoro e ambiente”.
Il commissario della Uil, Luisella Lionti, insieme all’intero Settore Industria della sigla sindacale, esprime soddisfazione circa “l’esito della sentenza del Tar che annulla il provvedimento del presidente della Regione, Nello Musumeci, congelando di fatto le prescrizioni del Piano regionale di tutela della qualità dell’aria approvato nel luglio 2018 e adesso siamo pronti a sederci insieme attorno a un tavolo per il rilancio dell’industria. Tutti concordi sul fatto che adesso si apra un nuovo capitolo – ha aggiunto Lionti – che dovrà garantire soprattutto i lavoratori nel pieno rispetto dell’ambiente. Noi siamo sempre stati dell’opinione che industria non debba essere necessariamente associata alla parola inquinamento ma sviluppo economico nel pieno rispetto delle regole”. E a tal proposito il Settore Industria della Uil incontrerà i lavoratori in assemblea, venerdì prossimo 31 luglio dalle 8 alle 10. Si parlerà appunto di “Quale futuro senza industria?” con l’introduzione di Luisella Lionti, gli interventi di Saveria Corallo, Santo Genovese e Sebastiano Accolla (rispettivamente segretari Feneal, Uilm e Uiltec), la relazione di Andrea Bottaro (Segretario nazionale Uiltec) e le conclusioni di Claudio Barone, segretario regionale della Uil.
Per la politica regionale, il deputato Giovanni Cafeo (Italia Viva) punta l’indice contro la “pervicacia del Governo, unita all’arroganza e all’atteggiamento superficiale di chi ritiene superfluo investire in uno dei settori trainanti dell’economia mondiale come quello industriale per puro preconcetto”. La colpa del governo regionale? Non aver saputo ascoltare le aziende, se non convocando tavoli tecnici “per perdere tempo”.
“Adesso il Governo Musumeci si trova davanti ad un bivio – continua Cafeo – da una parte continuare a boicottare volutamente il settore industriale, assumendosi però pubblicamente la responsabilità dei danni inferti all’economia e all’occupazione; dall’altra cambiare finalmente rotta, prendere atto dell’importanza del settore e provare a immaginare una visione futura delle politiche industriali, nel segno della sostenibilità e della rigenerazione, con il Pubblico finalmente alleato e propositivo rispetto all’investimento privato e non più da ostacolo”. E annuncia barricate se la scelta dovesse ricadere sulla prima opzione.




Video. Maxi operazione dei Carabinieri tra Floridia e Solarino: sgominato sodalizio mafioso

Sono 24 le persone arrestate tra Floridia e Solarino nell’ambito della maxi operazione San Paolo. Oltre 100 i Carabinieri impegnati alle prime luci dell’alba, dopo un’indagine coordinata dalla Dda di Catania e durata oltre un anno.
Sono 19 le persone finite in carcere e 5 agli arresti domiciliari come da ordinanza emessa dal gip del Tribunale di Catania, su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia. Sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e usura, tentata estorsione ed esercizio abusivo dell’attività finanziaria, aggravati dalla finalità di agevolare il clan Aparo attivo nel territorio di Floridia e Solarino.
Le indagini hanno permesso di sgominare quello che viene ritenuto un sodalizio mafioso riconducibile alla sfera di influenza del clan Aparo, storicamente dominante nei comuni dell’hinterland siracusano, come Floridia e Solarino, quest’ultimo comunemente denominato San Paolo, da cui il nome dell’indagine.

Al suo vertice dell’associazione ci sarebbe stato, secondo gli investigatori, Massimo Calafiore considerato il reggente “pro tempore” del clan su “nomina” diretta dello storico boss, Antonio Aparo, mediante l’invio di missive spedite mentre questi si trovava ristretto nel carcere di Milano, una volta terminato il regime del 41 bis.
Giuseppe Calafiore, Salvatore Giangravè e Angelo Vassallo sarebbero le altre figuri apicali del sodalizio. Gli ultimi due “gestori” dell’usura e del traffico di stupefacenti e da poco scarcerati dopo un lungo periodo di detenzione.
Il braccio armato del clan, utilizzato per mantenere il regime di sopraffazione ed omertà sul territorio, sarebbe stato costituito da Mario Liotta, recentemente deceduto, e dal figlio Francesco, ritenuti l’articolazione operativa del gruppo criminale, con compiti di intimidazione violenta a commercianti e ad altri privati.
Il clan, così composto, aveva dato vita a un vero e proprio dominio sui centri di Floridia e Solarino. Molteplici erano i campi di “influenza”: dall’usura agli stupefacenti, dalle estorsioni ai danneggiamenti mediante attentati incendiari.
L’indagine è partita da alcuni incendi avvenuti Floridia a danno di esercizi commerciali. Roghi accomunati dallo stesso modus operandi. Dall’analisi degli episodi, gli inquirenti sono riusciti a risalire agli autori materiali e ai loro mandanti, facendo venire alla luce l’esistenza di un’associazione di tipo mafioso radicata sul territorio, che si sarebbe resa responsabile di numerosi episodi di usura, di cui gli incendi e i danneggiamenti costituivano l’esortazione a pagare. A capo dell’associazione, vi erano, come detto, proprio i due Calafiore che, utilizzando denaro del sodalizio criminale, avrebbero concesso prestiti a tassi usurari a privati cittadini in stato di bisogno, tra cui anche commercianti in difficoltà, praticamente sostituendosi agli istituti bancari. A differenza di questi ultimi, però, i due applicavano tassi di interesse pari al 20% mensile e quindi al 240% annuo. Giuseppe Calafiore teneva la “contabilità” mediante appunti che materialmente erano custoditi dalla madre, Antonia Valenti, destinataria anche lei di misura cautelare. Negli appunti, oltre che sulle pagine dei calendari della casa della donna, erano annotati nominativi, ammontare delle rate, date in cui i pagamenti dovevano essere effettuati, oltre che la contabilità dei prestiti che erano poi stati erogati a titolo personale, fuori dall’influenza del clan. Le vittime di usura accreditavano ai loro strozzini le rate pattuite mediante bonifici bancari o trasferimenti monetari su Postepay, oltre che con il classico metodo del trattenimento di assegni dati in garanzia per l’ammontare del prestito. In caso di inadempimento, i Calafiore procedevano ad impossessarsi di autovetture, beni immobili e esercizi commerciali delle vittime, gettandole letteralmente sul lastrico.
Gli investigatori hanno posto in evidenza anche il ruolo delle donne. Non solo la madre di Calafiore ma anche la compagna, Clarissa Burgio, inizialmente vittima di usura da parte dei Calafiore e poi divenuta compagna di Giuseppe e quindi diventata il suo naturale sostituto, quando l’uomo era stato arrestato per detenzione di sostanza stupefacente ai fini di spaccio e ristretto in carcere per un breve periodo.
Il giro dell’usura, emerso durante l’attività di indagine, è risultato di larga portata tanto da far ritenere configurato il reato di esercizio abusivo di attività finanziaria e creditizia. Solo di alcuni episodi è stata possibile la compiuta ricostruzione. In molti altri casi, infatti, mancando la collaborazione delle vittime, non è risultata possibile la contestazione.
L’associazione mafiosa, oggi disarticolata, non si occupava solo di usura. Florida era anche l’attività legata al traffico e spaccio di sostanza stupefacente. Le indagini hanno consentito, infatti, di accertare che il sodalizio criminale gestito dai Calafiore, per incrementare ulteriormente gli introiti, aveva deciso di utilizzare parte dei proventi derivanti dall’usura per l’acquisto di grosse quantità di stupefacenti, principalmente cocaina, hashish e marijuana, fornite dai “catanesi”. La sostanza stupefacente veniva poi rivenduta a numerosi acquirenti di Floridia alimentando lo spaccio al dettaglio in quel centro.
Dall’associazione dei Calafiore si rifornivano anche spacciatori indipendenti come Andrea Occhipinti, Paolo Nastasi, Antonio Amato (detto “Cappellino”) e Massimo Privitera, operanti tutti a Floridia.
Sempre seguendo il canale della sostanza stupefacente che da Catania giungeva a Floridia attraverso i Calafiore, è emersa l’esistenza di una vera e propria piazza di spaccio in via Fava, i cui promotori ed organizzatori sono stati individuati dalle forze dell’ordine in Maurizio Assenza e suo figlio Sebastiano Carmelo, che unitamente a Joseph Valenti, Antonio Privitera, Angelo Aglieco e Jacopo De Simone avrebbero dato vita ad una vera e propria organizzazione dedita allo spaccio di sostanza stupefacente (cocaina, hashish e marijuana).
Nel corso dell’indagine sono stati eseguiti numerosi riscontri, sequestrati complessivamente 300 grammi di cocaina. Sono stati altresì segnalati alla Prefettura, quali assuntori, circa venti clienti della piazza di spaccio di via Fava, nonché degli spacciatori “indipendenti”. Inoltre, sono state tratte in arresto sette persone per detenzione di sostanza stupefacente ai fini di spaccio. L’introito stimato del giro di droga scoperto grazie a questa indagine si aggirava intorno ai 350.000 euro in soli quattro mesi.
Oltre all’usura e agli stupefacenti, l’associazione mafiosa si sarebbe dedicata anche ai danneggiamenti mediante incendi, utilizzati per far sentire la forza di intimidazione del clan sul territorio, per punire coloro che non erano puntuali nei pagamenti o che avevano interrotto i rapporti interpersonali con il clan o, a volte, anche semplicemente per dare fastidio alle Forze dell’Ordine quando queste ultime segnalavano qualcuno dei consociati per violazione degli obblighi cui erano sottoposti.
Almeno quindici si sono rivelati gli atti incendiari attribuibili all’associazione, sia a danno di autovetture che di esercizi commerciali. Emblematiche talune motivazioni: l’incendio dell’autovettura dei proprietari di un bar di Solarino, rei di non aver praticato uno sconto su una torta acquistata da Massimo Calafiore per il compleanno del figlio, addirittura facendogli pagare un lecca – lecca che lo stesso, all’atto del ritiro del dolce, aveva acquistato alla figlia che lo accompagnava. Altro episodio è rappresentato dall’incendio di un intero pub di Floridia dopo che Giuseppe Calafiore aveva giudicato troppo caro un tagliere di formaggi e non aveva potuto ricevere le ostriche e champagne, da lui richieste, ma non disponibili.
Nel corso dell’indagine è emersa altresì la figura di Domenico Russo, dapprima parte offesa in quanto vittima dell’usura dei Calafiore e, successivamente, mandante di una tentata estorsione nei confronti di un netino che lo aveva truffato.




Migranti a Portopalo, in 7 sbarcano in spiaggia: bloccati, in attesa del tampone

Hanno raggiunto la costa di Portopalo a bordo di un gommone. Una volta a terra, hanno cercato di fare perdere le loro tracce. Sono stati intercettati e bloccati da Carabinieri e Capitaneria di Porto, poco distanti dal centro urbano. La loro imbarcazione è stata posta sotto sequestro.
Condotti in un piazzale nei pressi degli uffici della Guardia Costiera, sono in attesa di essere sottoposti a tampone e test sierologico rapido.
Secondo le disposizioni di una recente ordinanza regionale, dovranno osservare 14 giorni di quarantena obbligatoria. Da decidere però dove. La Prefettura di Siracusa è stata informata dell’accaduto. Si attendono anche disposizioni ministeriali.
“Appaiono in buone condizioni. Sono stati rifocillati e attendiamo ora i tamponi. Ma qui a Portopalo non possono restare, non abbiamo strutture attrezzate”, dice il sindaco della cittadina, Gaetano Montoneri.




Operazione San Paolo: usura, estorsione e traffico di droga. I nomi degli arrestati

L’operazione San Paolo ha portato 19 persone in carcere e 5 ai domiciliari. Vasto il campionario delle accuse mosse dalla Procura Distrettuale Antimafia di Catania. All’alba gli arresti, con un blitz condotto da oltre 100 Carabinieri. Di seguito i nomi degli arrestati e le contestazioni a loro carico.

Misura cautelare in carcere:
Antonio Aparo, classe 1958, disoccupato, pluripregiudicato, già ristretto presso il carcere di Opera (Milano), per associazione di tipo mafioso.
Massimo Calafiore, classe 1968, disoccupato, pluripregiudicato, per associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, spaccio di sostanza stupefacente in concorso e aggravato dal metodo mafioso, associazione per delinquere finalizzata all’usura ed esercizio abusivo dell’attività finanziaria.
Giuseppe Calafiore, classe 1968, disoccupato, pluripregiudicato, per associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, spaccio di sostanza stupefacente in concorso e aggravato dal metodo mafioso, associazione per delinquere finalizzata all’usura ed esercizio abusivo dell’attività finanziaria.
Salvatore Giangravè, classe 1963, operatore ecologico, pluripregiudicato, per associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, spaccio di sostanza stupefacente in concorso e aggravato dal metodo mafioso.
Angelo Vassallo, classe 1963, operatore ecologico, pluripregiudicato, per associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, spaccio di sostanza stupefacente in concorso e aggravato dal metodo mafioso.
Massimo Privitera, classe 1973, disoccupato, pregiudicato, per spaccio di sostanza stupefacente in concorso e aggravato dal metodo mafioso.
Francesco Liotta, classe 1989, disoccupato, con precedenti di polizia, per associazione di tipo mafioso.
Salvatore Mazzaglia, inteso “Nino”, classe 1957, disoccupato, pluripregiudicato, già ristretto presso il carcere di Catania Bicocca, per associazione finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, spaccio di sostanza stupefacente in concorso e aggravato dal metodo mafioso.
Victor Andrea Junior Mangano, classe 1991, disoccupato, con precedenti di polizia, per associazione finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, spaccio di sostanza stupefacente in concorso e aggravato dal metodo mafioso.
Paolo Nastasi, classe 1978, disoccupato, con precedenti di polizia, per spaccio di sostanza stupefacente in concorso e aggravato dal metodo mafioso.
Antonio Amato, inteso “cappellino”, classe 1986, operaio, pregiudicato, per spaccio di sostanza stupefacente in concorso e aggravato dal metodo mafioso.
Maurizio Assenza, classe 1964, autista, pregiudicato, per associazione finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti e spaccio di sostanza stupefacente in concorso e aggravato dal metodo mafioso.
Sebastiano Carmelo Assenza, classe 1994, disoccupato, con precedenti di polizia, per associazione finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti e spaccio di sostanza stupefacente in concorso e aggravato dal metodo mafioso.
Jacopo De Simone, classe 1993, disoccupato, pregiudicato, per associazione finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti e spaccio di sostanza stupefacente in concorso e aggravato dal metodo mafioso.
Angelo Aglieco, classe 2001, disoccupato, con precedenti di polizia, per associazione finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti e spaccio di sostanza stupefacente in concorso e aggravato dal metodo mafioso.
Joseph Valenti, classe 1992, operaio, con precedenti di polizia, per associazione finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti e spaccio di sostanza stupefacente in concorso e aggravato dal metodo mafioso.
Antonio Privitera, classe 1996, disoccupato, con precedenti di polizia, per associazione finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti e spaccio di sostanza stupefacente in concorso e aggravato dal metodo mafioso.
Giuseppe Crispino, classe 1978, disoccupato, con precedenti di polizia, già ristretto presso il carcere di Terni, per tentata estorsione in concorso e aggravata dal metodo mafioso.

Agli arresti domiciliari presso le rispettive abitazioni:
Antonia Valenti, classe 1946, pensionata, incensurata, per associazione per delinquere finalizzata all’usura.
Clarissa Burgio, classe 1982, impiegata, incensurata, per associazione per delinquere finalizzata all’usura.
Andrea Occhipinti, classe 1989, operaio, incensurato, per spaccio di sostanza stupefacente in concorso e aggravato dal metodo mafioso.
Domenico Russo, classe 1964, veterinario, incensurato, per tentata estorsione in concorso e aggravata dal metodo mafioso.

Ulteriori due soggetti destinatari di misura risultano in atto irreperibili sul territorio nazionale.
Nel corso delle odierne attività di polizia giudiziaria, è stata data esecuzione all’ordine di sequestro preventivo di un’autovettura Audi Q5 di proprietà di una delle vittime di usura, ma nella disponibilità di Massimo Calafiore, da lui “requisita” alla stessa vittima come pegno per i mancati pagamenti.
Presso le abitazioni degli arrestati sono stati, invece, sequestrati vari assegni e bancomat, sostanza stupefacente del tipo hashish per 5 grammi, 1 grammo di cocaina e denaro in contante per quasi 13 mila euro.




Siracusa. Riduzione del servizio idrico nella serata di martedì, lavori sulla centrale San Nicola

Dalle 21 di domani, martedì 28 luglio, e fino alle 6 di mercoledì 29 possibile riduzione del servizio idrico e abbassamento di pressione nelle zone di Siracusa media e in contrada Sinerchia. Nello specifico le zone interessate saranno viale Epipoli, via Carlo Forlanini, via Necropoli Grotticelle, via Costanza Bruno, viale Zecchino, Tica e Tisia, via Filisto e tutte le limitrofe, oltre a contrada Sinerchia e via Siracusa, all’ingresso di Belvedere.
Siam, la società che si occupa del servizio idrico integrato a Siracusa, ha programmato un intervento di manutenzione sulla centrale dell’acquedotto San Nicola.




Nuovo arcivescovo per Siracusa: è Francesco Lomanto e arriva da Caltanissetta

E’ Francesco Lomanto il nuovo Arcivescovo di Siracusa. Papa Francesco ha ufficialmente presentato la sua nomina. Don Francesco Lomanto è nato a Mussomeli, provincia e Diocesi di Caltanissetta, il 2 marzo 1962. Si è preparato al sacerdozio nel Seminario diocesano, ricevendo l’ordinazione il 29 giugno 1986; è incardinato nella Diocesi nissena e ivi ha operato come viceparroco a Villalba, a San Cataldo e a Caltanissetta dal 1986 al 1996; è stato parroco della parrocchia di Sant’Enrico, a Mussomeli, dal 1996 al 2011. Ottenuti la Licenza e il Dottorato in Storia della Chiesa alla Pontificia Università Gregoriana, a Roma, ha iniziato la docenza universitaria a Caltanissetta, nel 1992, insegnando negli Istituti Teologici del luogo e alla Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia San Giovanni Evangelista a Palermo, dove è anche preside dal 2015. L’attività accademica ha favorito la propensione del neo Arcivescovo per gli studi e la ricerca, particolarmente quella legata a figure ed eventi della Chiesa locale nissena, i cui risultati sono confluiti nelle tante iniziative editoriali che lo vedono autore, co-autore o curatore di libri, saggi, riviste storiche e dizionari.

In Arcivescovado, pochi minuti prima di mezzogiorno, l’annuncio di Monsignor Salvatore Pappalardo, che ha salutato la comunità siracusana, ringraziandola. “ E’ sempre all’assemblea di Dio che mi sono rivolto- ha detto- Un onore di essere Pastore qui dal 2008″.




Mega discarica abusiva in area con vincolo paesaggistico: sequestro di 10 ettari a Portopalo

La Polizia Provinciale ha sequestrato una mega discarica abusiva: 10 ettari di terreno, sottoposto a vincolo paesaggistico, a Portopalo di Capo Passero. Si tratta di una porzione di territorio costiero che costeggia il molo di ponente. L’area di recente, era stata interessata da un violento incendio sviluppatosi contemporaneamente in più punti per eliminare cumuli di rifiuti cosa è stata accertata nel corso della operazioni di supporto fornito ai Vigili del Fuoco.
L’intera fascia costiera, distante meno di due chilometri dal centro abitato di Portopalo, era generalmente adibita a smaltimento abusivo di rifiuti di varia tipologia come centinaia di onduline e serbatoi in eternit, fusti e contenitori di olio minerale esausto, scarti di calcinacci di volumetria variabile, porte ed infissi in legno, sedie, materassi, pneumatici, contenitori utilizzati nelle pratiche agricole ed ittiche, frigoriferi, computer, televisori e perfino parecchie carcasse di animali.
I proprietari delle aree interessate al sequestro dovranno provvedere alla bonifica del terreno.

foto archivio




Spese pazze all'Ars, assoluzione per Titti Bufardeci: "conferma della mia correttezza"

“E’ una decisione che conferma la correttezza del mio operato. Ho sempre creduto che la mia posizione sarebbe stata chiarita e per questo risultato ringrazio i miei difensori: gli avvocati Ezechia Paolo Reale, Roberto Mangano e Pietro Milone per il grande impegno profuso e per la grande professionalità”. Sono le parole di Titti Bufardeci all’indomani della sua assoluzione nel processo per le cosiddette spese pazze all’Ars. L’ex sindaco di Siracusa ed ex capogruppo regionale di Grande Sud è l’unico assolto nel processo che ha visto condannati tutti gli altri imputati, tra cui l’attuale sindaco di Catania, Salvo Pogliese (4 anni e 3 mesi). Condanna di primo grado, inflitta dal Tribunale di Palermo, anche aa Rodolfo Maira, ex capogruppo all’Ars dell’Udc; 3 anni e 8 mesi a Cataldo Fiorenza; 3 anni e 6 mesi a Giulia Adamo e 3 anni a Livio Marrocco. Per tutti l’accusa ruotava attorno all’uso improprio dei fondi destinati ai gruppi politici (peculato).
La vicenda prese le mosse nel 2014 e portò all’emissione di ottanta avvisi di garanzia ad altrettanti tra deputati e impiegati dei gruppi parlamentari. Per molti la Procura stessa chiese l’archiviazione. In due hanno scelto di essere giudicati con il rito abbreviato: Innocenzo Leontini, assolto in Appello dopo una condanna a due anni in primo grado e Cateno De Luca anche lui assolto in via definitiva.