Carlo Garozzo, promessa mantenuta all’amico che non c’è più. “Lele non era un suicida”

Carlo Garozzo lo aveva promesso all’amico Lele Scieri. Mentre della sua morte si parlava sui giornali, con quella tesi del suicidio oggi così ridicola, Carlo stringeva in cuor suo un patto con l’amico che non c’era più: avremmo raccontato un’altra storia, quella vera.
E oggi che quel giorno è arrivato, Carlo non trattiene la commozione. “Una giornata incredibile”, ripete. “Non riesco a descriverla”, quasi si scusa mentre l’aria non sembra neanche gonfiare i polmoni. Ha appena saputo della sentenza della Corte d’Assise di Pisa. Due condanne per l’omicidio, si l’omicidio di Lele Scieri.
“Da 24 anni lottiamo con la famiglia insieme all’associazione Verità e Giustizia per Emanuele Scieri. Non entro nel merito delle condanne, non mi interessano. Emanuele non era un pazzo suicida, non aveva problematiche. E’ stato ucciso all’interno di una caserma. E questo doveva essere detto e scritto. Questo a noi importava. Ci sarà l’appello, vedremo il futuro. Oggi viviamo appieno questo risultato”.
E magari anche altro, in un futuro che non si conti ancora in anni che volano via in doppia cifra. “Spero non vengano dimenticate le responsabilità della caserma Gamerra dell’epoca della morte. Impossibile che in tre giorni nessuno abbia visto o sentito nulla. Credo ci siano ancora alcune cose da scoprire. Gradatamente, ci arriveremo”, racconta a SiracusaOggi.it.
“Sono orgoglioso di questa giornata, di questa sentenza. Non per la condanna, ma per l’impegno, la dedizione che la società civile siracusana ha dimostrato. A tutte le persone vittime di ingiustizia dico: lottate, lottate sempre e forte. Credete nella verità e nella giustizia”, dice serrando le dita. “C’è il dramma di un’altra famiglia siracusana che sta lottando: la famiglia di Tony Drago. Non dimenticatela, non dimenticate quella storia. Anche lì, un ragazzo siracusano e una caserma dell’esercito italiano…”.