Siracusa, provincia in mutande. “Responsabilità diffuse, poca maturità collettiva”
Quel penultimo posto tra le provincie italiane, nella classifica sulla qualità della vita del Sole 24 Ore, è un dato schiacciante per Siracusa. Per inquadrarlo bene, anzitutto, bisogna andare oltre la ricerca del colpevole facile. “Quando si precipita così in basso – dice Giampaolo Miceli di Cna Siracusa – le responsabilità ricadono in larga parte su chi governa i processi decisionali. Ma non solo. Alcuni indicatori raccontano molto anche del nostro comportamento civico”.

Il paradosso più evidente è in uno degli oltre 90 indicatori alla base dello studio. “Siamo 94esimi per partecipazione elettorale. A molti non interessa neppure andare a votare. Non si può dire ‘è sempre colpa della politica’ senza fare un minimo di autocritica collettiva. Pecchiamo di maturità”, dice Miceli. Un deficit culturale che si riflette anche nella facilità con cui il territorio si divide su ogni tema, dagli investimenti industriali ai servizi turistici. “È tutto ridotto al tifo. Questo impedisce scelte mature”.
Tra i dati più preoccupanti, quelli legati alla salute: mortalità evitabile (105° posto), mortalità per tumore (104°), speranza di vita alla nascita (106°). “Siracusa – denuncia Miceli – è fra le province più penalizzate dalle scelte della sanità pubblica nell’ultimo decennio. Quando i redditi sono bassi, come qui, curarsi diventa ancora più difficile”.
Ecco, il quadro economico è altro elemento di fragilità. Siracusa è tra le province con più pensionati, molte ore di cassa integrazione e redditi tra i più bassi del Paese. “La zona industriale, pur con tutte le sue criticità, resta l’unica che garantisce reddito ed export. Tutto il resto è ancora debole”, analizza Miceli. Il turismo rimane tra gli asset più promettenti, ma la sua forte stagionalità non garantisce stabilità ai redditi. Il patrimonio museale è ricco, ma poco valorizzato. “Abbiamo musei chiusi e siti inutilizzati: il valore non diventa reddito. E ogni volta ci dividiamo anche su questo”.
A questo si aggiunge un elemento particolarmente allarmante, la quasi totale assenza di start-up innovative. “È il segnale che manca crescita culturale d’impresa. Siamo ultimi in Italia per numero di laureati, ritratto di un territorio addormentato e che dice troppi no”. Dal rigassificatore agli investimenti privati, “il problema non è dire ‘no’ ma il dirlo senza competenza e senza un’alternativa. Se si dice no a tutto, senza visione e conoscenza dei fatti ma solo per inseguire del consenso facile, si finisce al 120° posto…”. Si rinuncia, insomma, alla responsabilità di essere alla guida – al comando – di una collettività.
Da chi o da cosa ripartire? “Dai sindaci del territorio provinciale. Non per addossare colpe – precisa – ma per assegnare responsabilità: sono il primo terminale del rapporto con i cittadini. Devono essere i primi a fare squadra sui grandi temi. E noi, come imprese e comunità, dobbiamo fare la nostra parte. Non basta dire ‘fatelo voi’. Bisogna iniziare a fare le cose insieme”.
Woody Allen, con una battuta, diceva che la maturità non si misura dall’età, ma da come reagisci quando ti ritrovi in mutande davanti a tutti. “Noi oggi siamo quella persona in mutande. Tutti ci guardano perché siamo penultimi. Ora dobbiamo reagire”.
Miceli conclude con un invito che è anche un monito. “Le classifiche non vanno subite. Sono un’occasione. Bisogna ragionare in modo maturo, individuare le priorità e lavorare insieme. Sindaci, imprese, associazioni, cittadini. Non c’è un uomo solo con la bacchetta magica che può risolvere le situazioni. C’è una comunità che deve tornare a essere adulta”.