Condannata per maltrattamenti sui figli: 35enne assolta in appello

La Terza sezione penale della Corte di appello di Palermo, all’esito della camera di consiglio di lunedì 17 maggio  ha riformato la sentenza di condanna emessa nel 2019 dal tribunale di Palermo, dichiarando assolta la donna G.M. di 35 anni, di origini pugliesi ma da anni trapiantata a Pachino, dopo una burrascosa esperienza matrimoniale a Palermo.
La donna, difesa dall’avvocato Giuseppe Gurrieri, quando viveva a Palermo, madre di tre figli minori, aveva dovuto interrompere la sua esperienza matrimoniale affidandosi all’aiuto di un istituto caritatevole e decidendo di affidare volontariamente i tre bambini ad una comunità per minori in difficoltà, per sottrarli ad una esistenza in cui la miseria la faceva da padrone.
Seguivano anni difficili e dolorosi procedimenti dinanzi al Tribunale per i minorenni che decideva di dichiarare adottabili i tre figli minori revocando la potestà genitoriale alla donna, ritenuta inadeguata ad essere madre.
A ciò si aggiunse un procedimento penale che vedeva la donna accusata del reato di maltrattamento in famiglia per avere costretto i figli a vivere in precarie condizioni igienico-sanitarie, in condizioni di promiscuità, costringendoli al nomadismo con l’aggravante di averli percossi in reiterate occasioni, come appunto riteneva la Procura e per come era scritto nel decreto che disponeva il giudizio.
Nel 2017 fu condannata dalla seconda sezione penale del Tribunale di Palermo a  4  anni di reclusione. Il  suo legale – in appello- ha chiesto l’assoluzione della propria assistita.
I giudici della Corte di Appello hanno dato credito alle ragioni della difesa, riconoscendo alla donna l’assoluzione per l’insussistenza del fatto anche in presenza della intervenuta prescrizione del reato che sarebbe stata una pronuncia di implicita ammissione della colpevolezza della donna sebbene non seguita da alcuna condanna.
“Non posso che essere pienamente soddisfatto della decisione -commenta l’avvocato Gurrieri- anche e soprattutto perchè l’assoluzione della mia assistita le restituisce la dignità che il Tribunale per i minorenni prima e il tribunale penale poi le avevano tolto, facendola apparire come una mamma inadeguata e addirittura una mamma mostro, quando invece lei, seguendo l’istinto materno aveva sempre ed in ogni modo protetto i suoi figli, non certamente costringendoli al nomadismo ma coinvolgendoli in una dolorosa fuga dalla miseria e portandoli con sé di casa in casa, dove veniva di volta in volta ospitata, fino alla decisione di affidarli alle cure di una comunità dove lei stessa si recava più volte alla settimana, per non perdere il contatto coi figli, fino a quando una decisione del Tribunale dei minori glielo impedì”.