Coronavirus, positivi tra i sanitari del Di Maria. La Cisl: "Pediatria lì non può andare"

“No al trasferimento del reparto di pediatria dell’Umberto I all’ospedale di Avola dove, nella stessa unità operativa, sono già stati
accertati casi di positività”. Vera Carasi, segretaria provinciale della Cisl, fa suonare un nuovo campanello di allarme per la sanità siracusana. E con lei anche il segretario generale della FP Cisl, Daniele Passanisi, ed il segretario generale dei Medici Cisl, Vincenzo Romano.
I tre sindacalisti sottolineano il rischio reale di aprire un pericoloso fronte del contagio all’interno di un reparto particolarmente delicato.
“Il piano di intervento, presentato ai vertici aziendali lo scorso sabato dal
gruppo di lavoro nominato al posto del direttore di presidio dell’Umberto I, prevede il trasferimento di oculistica,
otorinolaringoiatria e pediatria da Siracusa ad Avola. Se, dopo la bambina di 10 mesi, anche un medico, una infermiera ed un operatore socio-sanitario sono risultati positivi proprio al Di Maria, è da escludere qualsiasi ipotesi di portare lì lo stesso reparto dell’Umberto I”, indicano i tre sindacalisti che invocano l’intervento di Rosario Di Lorenzo, direttore del presidio ospedaliero Avola-Noto ed Augusta. “Se il Team
emergenza Covid nominato lo scorso aprile esaurisce la propria competenza
all’ospedale di via Testaferrata, tocca, a questo punto, al direttore sanitario Anselmo Madeddu, predisporre un piano di intervento immediato per Avola, che corre il rischio di diventare un nuovo pericoloso fronte, e anche per il Muscatello di Augusta”.
Per i tre segretari Cisl “è in atto uno smantellamento totale della sanità del capoluogo. Prima l’Oncologia, adesso altri tre reparti, trasferiti in un ospedale, quello avolese, che non può garantire il servizio sicuro”.
Carasi, Passanisi e Romano sottolineano poi la mancanza di trasparenza nelle informazioni dei vertici aziendali.
“Basterebbe confermare quotidianamente i dati e comunicare quando ci sono
criticità evidenti tra il personale sanitario ed amministrativo. È la base che ci fornisce dati e ci trasferisce
preoccupazioni e perplessità. Molti di loro si chiedono perché alcuni, tra medici, infermieri ed oss, risultati stranamente dubbi al tampone, vengano fatti regolarmente lavorare. Ci chiedono perché altri, pare anche qualche dirigente, vengano messi stranamente in ferie in un momento di emergenza, con personale già insufficiente e con quel che conseguirà in materia di accesso all’Inail per le malattie sul lavoro.
Ad Avola la situazione è particolarmente grave. Positivi in Pediatria, un medico
e un infermiere in Cardiologia, un medico e un infermiere in Rianimazione, una infermiera al Pronto Soccorso, almeno due ausiliari ed altrettanti infermieri al Trigona di Noto. In base alle regole stabilite dall’amministrazione, solo otto dei venti operatori impegnati in cardiologia, possono fare il tampone subito. Questo – stigmatizzano
Carasi, Passanisi e Romano – significa che, se qualcuno dei 12 operatori sanitari che non fa il tampone è positivo, infetta tutti gli altri”.
La Cisl provinciale, confederale e le due federazioni direttamente coinvolte, sta già predisponendo un dossier che mette insieme segnalazioni, documenti, criticità evidenti.
“Non possiamo sicuramente tornare indietro, verrà il tempo delle valutazioni definitive, resta però la necessità di agire serenamente
e concretamente su tutti gli ospedali della provincia. Il racconto degli operatori e alcune immagini circolanti in rete, mostrano, ad esempio, l’inadeguatezza organizzativa del pronto soccorso di Avola. Unico ingresso per grigi e normali, persone in abito borghese e senza protezioni davanti alla porta, unico percorso interno per arrivare alla stanza Covid. Chiediamo un intervento immediato, agiremo con le autorità preposte per scongiurare che la salute di tutti gli operatori e di tutti i pazienti sia messa a rischio anche al Di Maria.”