Il costone viene giù, troppo costoso l’intervento: parco dei Caduti chiuso a lungo?

Lo scorso 27 ottobre, poco prima dell’arrivo di Apollo, i primi segni di maltempo hanno accelerato il crollo di pezzo del costone roccioso su cui sorge il parco del Monumento ai Caduti. L’accesso all’area pubblica è stato inibito per ragioni di sicurezza. Nessun provvedimento necessario per la strada che corre di fianco e su cui, ogni giorno, transitano centinaia di veicoli.
La foto scattata dal drone mostra quanto la porzione interessata dal crollo sia pericolosamente vicina al parco pubblico. Giusto, quindi, vietarne subito l’accesso. Ma per quanto tempo? Qui le preoccupazioni espresse a bassa voce si intrecciano con la realtà dei fatti. I tempi saranno lunghi, inutile nasconderlo. L’area potrebbe, quindi, rimanere inibita alla fruizione pubblica per mesi.
I tecnici comunali, intervenuti subito dopo il crollo, non nascondono che il tipo di intervento necessario per mettere tutto in sicurezza ha costi esorbitanti. Al momento, proibitivi per un Comune come quello di Siracusa. Servono risorse straordinarie, di Protezione Civile o europee. E un progetto definitivo, che ancora non c’è.
Perchè è avvenuto il crollo? Pioggia e moto ondoso hanno accelerato un fenomeno già noto: “l’arretramento della linea di costa”, la definizione fornita dal geologo Marco Andolina. “Avviene con lo scalzamento alla base della falesia, operato dal moto ondoso. E questo causa il crollo della parte superiore che, nel caso specifico, aveva uno spessore esiguo”. A crollare è stata una sorta di “ponte” tra due spuntoni della falesia in calcarenite.
Quanto ha inciso il maltempo? “Concausa importante. Il moto ondoso rimane comunque la prima causa. Ed ovviamente le precipitazioni incidono in modo combinato con le mareggiate”. Naturale domandarsi se possa succedere ancora e di nuovo. La risposta di Marco Andolina è chiara. “L’evoluzione è quella. Temo sia solo questione di tempo, se non si interviene”.
Per mettersi al riparo serve una azione tanto semplice in teoria quanto complicata da tradurre in pratica, nel solito balletto di competenze che fa si che nessuno sia realmente responsabile di alcunchè. “Bisogna fare in modo che le onde non arrivino alla base della falesia o almeno che arrivino depotenziate”. A questo punto naturale pensare ai frangiflutti. Ma anche quelli, in realtà, sono il passato. Retaggio di interventi datati che risalgono in massima parte agli anni 80 del secolo scorso. La soluzione che si è già attuata in altre parti d’Italia è quella delle barriere soffolte ovvero strutture modulari in cemento armato a basso impatto ambientale, posate e accostate sul fondale marino, lungo una linea continua, che corre parallela al litorale e a distanza di almeno cento metri dalla costa. La loro funzione è quella di disperdere l’energia del moto ondoso.
Questo cedimento rappresenta un chiaro campanello d’allarme. L’erosione delle coste siracusane è una realtà. A dispetto di milioni di euro disponibili o finanziati, mancano i progetti esecutivi. E quando ci sono, non si traducono in cantieri attivi. Colpa di tutti, colpa di nessuno. Intanto il territorio si sfarina. Un fenomeno acuito dai nuovi ma ormai costanti fenomeni atmosferici, come il recente Apollo.
“E’ a rischio una ampia porzione del Plemmirio, nei pressi della Pillirina. Lì sono già evidenti le fratture superficiali. E poi le zone Sacramento e Fanusa, fino all’Arenella: e qui sarebbe un bel problema per via degli insediamenti abitativi esistenti. E soprattutto bisogna proteggere Ortigia, ormai esposta a Levante e Ponente ad imponenti mareggiate che spazzolano i muraglioni”, elenca il segretario regionale dell’Ordine dei Geologi.