Il giorno più difficile della gestione Ricci. Gli errori, la contestazione, il silenzio stampa

È il giorno più difficile nella gestione Ricci del Siracusa. L’atteso ritorno tra i professionisti, quello che doveva essere il primo tassello di un percorso quinquennale verso la cadetteria, ha assunto i contorni dell’angosciante presagio di sventure. Un quadro così torvo che la retrocessione in D, inevitabile con questo passo, è forse la cosa che fa meno paura nei brutti sogni dei tifosi azzurri.
Mentre i fischi riempivano il De Simone, mentre la contestazione prendeva forma in cori all’indirizzo della squadra e della società, il massimo esponente del sodalizio azzurro ha lasciato lo stadio anzitempo. Servono riflessioni e scelte ponderate, quelle che purtroppo sono mancate nel momento in cui bisognava costruire l’organico da affidare a Marco Turati, probabilmente il meno colpevole dello scatafascio attuale.
L’allenatore ed ex capitano azzurro ha accettato la missione impossibile di guidare una formazione rabberciata, senza preparazione di fatto, con tante scommesse giovani ed esperti calciatori in cerca di rilancio dopo stagioni complicate. Ci ha messo il cuore, facendo da parafulmine davanti ad ogni errore dei suoi. Ma con la farina attuale, difficile fare un pane diverso.
Turati ha cercato di fare la cosa più logica con l’armara che ha a disposizione: tenere lontani dall’area gli avversari, proponendo un gioco offensivo a cui manca però il finalizzatore lucido, capace di toccare un solo pallone e fare gol. Nonostante un presidio costante della trequarti avversaria, basta una palla lunga per far saltare tutto. Immaginare un Siracusa chiuso in difesa, in queste condizioni, avrebbe forse portato a moltiplicare il peso delle imbarcate. “Chiediamo scusa” è il post che compare a fine gara sui social ufficiali del Siracusa.
Dicono i bene informati che Turati starebbe pensando ad un passo indietro. Le prossime ore porteranno chiarezza in questo vocio di pare e di si dice. Certo è che il problema del Siracusa non è in panchina.
Il livello della rosa, detto con amarezza, è da ultimo posto. Peggior difesa, peggior attacco. È proprio la costruzione di un concetto di squadra che è mancato, insieme a fidejussioni ed altre storie. I giocatori fanno quello che possono, non si discute l’impegno e magari qualche qualità dei singoli. Purtroppo non è ancora quella che basta per salvarsi.
Per carità, nessuno dimentica ciò che il presidente Ricci ha fatto ed ha dato per il ritorno del Siracusa tra i pro. Ma fatti salvi i meriti del passato, vanno accettate oggi le critiche del presente a cui rispondere con maggiore dedizione e non con una spugna gettata. Sarebbe troppo facile.
E infatti i giocatori e qualche altro dirigente la faccia l’hanno messa. Mentre i tifosi esprimevano la loro frustrazione, si sono presentati per parlare il capitano Candiano e Parigini, tra gli altri.
Difficile capire, a distanza, cosa si siano detti. Dalle espressioni, dalla postura del corpo, dalle movenze purtroppo pare di leggervi tutta l’attuale sfiducia che regna nello spogliatoio azzurro.
Le speranze di agganciare almeno i play-out sono da affidare a dicembre, mese di preghiere per Santa Lucia e del calciomercato. Se la distanza dalle altre non sarà già pesante, giusti innesti potrebbero riaccendere la speranza di giocarsi la salvezza alla lotteria dei play-out. Difficile oggi augurarsi qualcosa di meglio e di più realistico, nei corridoi del De Simone. Che poi, detto tra i denti, si può anche retrocedere, ma almeno lottare. Al punto che l’unico vero interrogativo diventa solo uno: quale Siracusa arriverà a dicembre?