Isab Lukoil “vede” l’embargo: politica timida, rumors su vendita, un miracolo come speranza

La vicenda Isab-Lukoil agita da settimane la zona industriale siracusana. Nonostante gli allarmi ed i segnali evidenti, fino ad ora il governo italiano non ha adottato alcuna soluzione. Una linea attendista, tra Sviluppo Economico e Transizione, che atterrisce ancora di più le migliaia di lavoratori che operano nell’indotto del grande polo siracusano.
Il caso è finito oggi sul New York Times, che si occupa della vicenda nella sua edizione online. Patricia Cohen racconta ai lettori d’oltreoceano “Come un incombente embargo del petrolio potrebbe devastare una piccola città italiana”. Il riferimento è a Priolo ed in generale alla provincia di Siracusa. “La più grande raffineria italiana, di proprietà della russa Lukoil, ha perso finanziamenti a causa delle sanzioni. Ora, affronta il taglio della sua fornitura di greggio, mettendo a rischio migliaia di posti di lavoro”, racconta ancora il sommario del lungo articolo che ricostruisce gli ultimi mesi di crisi, acuita dalle sanzioni internazionali alla Russia sino all’embargo. “Chiunque vinca le elezioni erediterà le ricadute dell’embargo petrolifero – scrive la Cohen sul Nyt – ma nel frattempo, la situazione sta diventando urgente. Per rispettare la scadenza del 5 dicembre per porre fine alle importazioni via mare, l’impianto dovrebbe iniziare a prepararsi per una chiusura a novembre e interrompere le consegne. Varie figure, tra cui il ministro dell’ecologia uscente, hanno menzionato la possibilità di nazionalizzare la raffineria”. Ipotesi che fonti vicine ad Isab Lukoil liquidano come “assurde”. Per Claudio Geraci, vicepresidente di Confindustria Siracusa e direttore relazioni esterne di Isab Lukoil, la pista realmente praticabile era quella della concessione di linee di credito garantite dallo Stato. La sensazione, alla luce dell’incertezza politica presente e futura, è che tutto sia affidato ad un miracolo dell’ultimo minuto. Come anche il NYT riporta.
Ci sarebbe invero l’ipotesi vendita ad operatori non russi, peraltro caldeggiata secondo l’Ansa dal ministro Cingolani. Secondo il Financial Times sarebbero interessate alla grande raffineria siciliana Crossbridge Energy Partners, Vitol ed Equinor. “Nel 2021 la Crossbridge Energy Partners – ricorda il quotidiano della City- ha acquisito una vecchia raffineria della Shell in Danimarca”. Per il Financial Times, ci sarebbero stati contatti. Nessun commento ufficiale da parte del trader newyorkese. Diverse fonti locali riportano invece il “no” ad ogni ipotesi di vendita da parte del nuovo presidente del cda Isab, Rustem Gimaletdinov. Insomma, nulla di concreto all’orizzonte, neanche su questo fronte.
Il New York Times ha chiesto anche il parere di Lucrezia Reichlin, professoressa di economia alla London Business School e fondatrice a Siracusa della Ortygia Business School. “Il governo italiano probabilmente ripiegherà su una misura tappabuchi familiare e costosa: l’assistenza pubblica per i dipendenti che perdono il lavoro”, l’opinione della studiosa che non crede che l’attuale classe politica italiana abbia ambizione e visione tale da comprendere l’opportunità di spingere sul terreno della transizione.
Se chiude Isab, si ferma la zona industriale siracusana. Vale a dire che cadrebbe una delle principali aree di raffinazione dell’intero Paese. Un asset energetico che sparisce, in piena crisi energetica. La stessa sicurezza energetica dell’Italia è a rischio. Simone Tagliapietra, senior fellow di Bruegel, un gruppo di ricerca a Bruxelles, sentito a proposito dal New York Times non ha dubbi. “Non possono lasciare che la raffineria chiuda. Si deve garantire la fornitura di prodotti petroliferi, principalmente al Sud Italia”.

Qui l’articolo integrale del New York Times