Ospedale di Avola, positivi e tamponi dubbi: la Cisl, "improponibili difese d'ufficio"

“Evidentemente l’Asp e alcuni suoi dirigenti hanno bisogno di
interventi di altro tipo per cessare questa incredibile, intollerabile ed inaccettabile difesa d’ufficio
che offende tutti gli operatori sanitari e l’intera opinione pubblica”. È un nuovo attacco a testa bassa quello della Cisl, sul nuovo “fronte” dell’ospedale Di Maria di Avola.
La segretaria provinciale Vera Carasi, insieme al segretario generale FP Cisl, Daniele Passanisi, ed al segretario generale dei Medici Cisl, Vincenzo
Romano, replica alle dichiarazioni del direttore sanitario del presidio,
Rosario Di Lorenzo. Ieri ha smentito i contagi covid al Di Maria, parlando di un solo caso accertato.
“Sappia benissimo che saremmo i primi a
rallegrarci di una notizia del genere. Significherebbe che gli operatori, medici, infermieri, oss e
ausiliari, sono stati messi nelle condizioni di lavorare in sicurezza, tutelando sé stessi e,
soprattutto, i pazienti. Purtroppo non è così e, soprattutto il primo, lo sa benissimo. Giocare con i tecnicismi appare abbastanza puerile e tende, soltanto, a confondere la gente”, pungono Carasi, Passanisi e Romano. “Il dottor Di Lorenzo farebbe bene a spiegare cosa significa ‘tampone dubbio’ per non creare confusione o distorcere le informazioni. Ecco, questa organizzazione non può più tollerare questo giochetto. Le notizie arrivano dai diretti interessati, dai colleghi, da familiari. Arrivano con tanto di nomi e cognomi che noi, naturalmente, omettiamo. Spieghino, dall’Asp, che il tampone dubbio ha già un valore di positività che, secondo le linee guida nazionali, ne fanno già un caso clinico. E nella risposta ci dicano, anche, se ‘tutti gli operatori sanitari precauzionalmente allontanati dal lavoro e posti in isolamento domiciliare’, come dice Di Lorenzo, sono in ferie o in malattia. L’ASP ha in questo momento un solo dovere: evitare accuratamente difese d’ufficio improbabili, di non giocare con l’intelligenza
delle persone, di provare a smentire anche i video che hanno evidenziato i chiari ritardi nella gestione del pronto soccorso di Avola dove grigi e normali si ritrovano negli stessi spazi e lungo lo stesso ingresso e corridoio.
Ci spieghino, infine, – concludono i sindacalisti – il perché venga chiesto
ad un ex ricoverato per covid all’Umberto I di uscire di casa per andare in ospedale per il tampone
di verifica. Ci dicano perché venga chiamato più volte al telefono per tentare di convincerlo nonostante la persona in questione, responsabilmente, si rifiuta di farlo. Inutile dire che, anche in questo caso, abbiamo nomi e cognomi: del paziente e del medico che lo ha chiamato. Avola, in questo momento, ribadiamo, non può essere l’alternativa all’Umberto I per la
situazione emersa. L’Asp, direttori in testa, se ne faccia una ragione e provi soltanto a non nascondere le cose ai cittadini e dedicare il tempo per le smentite all’operatività sul campo.
Individuino un unico ospedale ‘pulito’ per tutelare anche le altre patologie, si confrontino con le organizzazioni sindacali prima di decidere questo o quel reparto.”