Rapporto Inail sui contagi covid sul posto di lavoro: in provincia di Siracusa 273 casi

Secondo il rapporto di Inail, i contagi da coronavirus sul posto di lavoro a livello nazionale hanno ormai superato la soglia dei 131.000 casi. La Sicilia con 3.051 casi rappresenta il 2,7% dei casi sul totale nazionale. Di questi 1.649 sono donne (47,1%), mentre 1.852 (52,9%) sono uomini. Palermo, Catania e Messina le province più colpite. In provincia di Siracusa si registrano 273 casi, con un’incidenza del 7,8% sul dato regionale. Nel dettaglio della rilevazione dell’Inail, in Sicilia le denunce di infortunio causa Covid-19 sono per il 28,7% dei casi localizzate nella provincia di Palermo con 1.004 infortuni, seguita da Catania con 774 casi (22.1%), Messina con 537 (15,3%), Enna con 273 casi (7,8%) insieme a Siracusa con 273 casi (7,8%), quindi Ragusa con 220 casi (6,3%), Caltanisetta con 187 casi (5,3%), Trapani con 118 casi (3,4%) e infine Agrigento con 115 casi (3,3%) – SE&O
Una lettura del report, e del suo trend crescente, viene fornita dagli esperti legali che osservano come nel rapporto azienda e lavoratore in materia di Covid vi sia un aspetto di criticità nel rapporto con le ATS, Agenzia di Tutela della Salute: “L’impasse – spiega l’avvocato Irene Pudda di Rödl & Partner, esperta in privacy & labour compliance – è dovuta al fatto che il datore di lavoro non è autorizzato a comunicare ai colleghi il nominativo di un dipendente risultato positivo. L’azienda è tenuta a fornire all’ATS le informazioni necessarie perché quest’ultima possa assolvere ai compiti previsti dalla normativa emergenziale e, contemporaneamente, ha facoltà di domandare ai possibili contatti stretti di lasciare cautelativamente i locali aziendali, ma è l’ATS che ha la potestà di contattare i lavoratori per poi applicare le opportune misure di quarantena.”
Il rischio, così facendo, è che le aziende lascino operativi interi reparti o uffici con il pericolo di diffusione del virus, non solo tra i dipendenti che sono stati a contatto diretto con il soggetto contagiato, ma anche tra i loro famigliari e i conoscenti.
“Tuttavia non si può fare diversamente – chiarisce l’avvocato Pudda di Rödl & Partner – La procedura è volta a tutelare la privacy del lavoratore risultato positivo al coronavirus. Certo, come è facile immaginare, procedere alla disinfezione della postazione di lavoro, delle attrezzature utilizzate e degli spazi comuni frequentati dal dipendente, domandare ai possibili contatti stretti di lasciare cautelativamente i locali aziendali, nonché isolare o chiudere gli uffici in cui il dipendente ha lavorato garantendone allo stesso tempo la totale riservatezza è di difficile applicazione.”