Riconversione Petrolchimico?Confindustria:”Siamo realisti”

“Impossibile la riconversione industriale dall’oggi al domani. Il polo petrolchimo-energetico di Siracusa non è quello degli anni 60 e 70, quando non esisteva alcuna legislazione ambientale”. Il presidente di Confindustria Siracusa, Diego Bivona replica alle dichiarazioni del presidente della Regione, Nello Musumeci, pronto alla rinconversione in Sicilia.  “Dal 2000 ad oggi-spiega Bivona- il settore ha investito in Sicilia quasi 4 miliardi di euro per la salvaguardia ambientale, ed è forse il settore più controllato a livello nazionale, regionale e provinciale. L’attività di raffinazione assicura all’economia regionale il 65% dell’export, rappresenta il 40% della raffinazione in Italia e occupa 5.200 persone. Solo il Porto “Core” di Augusta insieme alla Rada S. Panagia hanno movimentato, nel 2017, 40 milioni di tonnellate di prodotti petroliferi, che rappresentano circa il 50% delle merci movimentate nei porti siciliani. Il contributo annuo all’Erario, tra IVA e accise, è di 1,8 miliardi di euro e le tasse ed oneri sociali sono circa 264 milioni di euro, secondo i dati di Unione Petrolifera.Seppure la domanda è in contrazione, ancora fino al 2050 i prodotti petroliferi ricopriranno un ruolo fondamentale nei trasporti”.Bivona esclude la possibilità di riconvertire tutte le raffinerie per produrre biofuel, “considerato che le due Green Refinery di Porto Marghera e Gela di ENI coprono già oggi il fabbisogno nazionale, peraltro con un rapporto degli occupati di 1 a 10 rispetto alle tradizionali raffinerie, tant’è che oggi non ci sono investitori privati disponibili”. Il presidente di Confindustria Siracusa è convinto che sia opportuno accompagnare la transizione energetica, “avendo presente la realtà dei fatti, altrimenti- avverte- si rischia di creare false aspettative e imboccare strade impercorribili”. Poi le rassicurazioni di carattere ambientale. “Il Patto di Responsabilità Sociale-assicura Diego Bivona-  ha fatto luce sul tema delle bonifiche: è stato certificato da ARPA Sicilia che da parte delle aziende private i siti contaminati ricadenti nelle aree di loro proprietà sono stati caratterizzati e sono in corso le attività di bonifica, mentre niente è stato fatto per le aree di pertinenza pubblica.Ha sviscerato il tema delle patologie tumorali nell’area industriale siracusana da parte degli esperti del Registro Tumori e della ASP ed è emerso che l’incidenza tumorale è più elevata nelle città metropolitane di Catania, Messina e Palermo rispetto ai 4 comuni dell’area industriale di Siracusa dove si registra un calo dei morti di circa il 3% per la chiusura di attività impattanti”. Ragioni che, a detta del presidente di Confindustria Siracusa, dovrebbero “indurre a guardare con diverso occhio il polo petrolchimico siracusano. Non possiamo far pagare, anche in termini di valutazioni, le colpe di chi oggi non c’è più e agiva in un contesto normativo e prescrittivo in cui la cultura ambientale era pressochè inesistente”. Infine due chiare domande a Musumeci. “Come pensa di sostituire l’economia che proviene dalle attività del polo petrolchimico siciliano? Che tipo di sviluppo intende privilegiare, vista la mancanza cronica di infrastrutture che pone la Sicilia agli ultimi posti per competitività a livello europeo? “. Parte la richiesta di un impegno concreto da parte della Regione per lo sblocco, piuttosto, delle opere pubbliche e infrastrutturali immediatamente cantierabili, per 4 miliardi e 722 milioni secondo uno studio di Ance, l’associazione dei costruttori. “Questo-conclude Bivona- per dare lavoro alle imprese, creare occupazione , soprattutto per i giovani che in migliaia annualmente lasciano la nostra terra in cerca di un lavoro”.