Siracusa. Inda, "Le Supplici" prendono forma. Sopralluogo di Ovadia al Teatro Greco

Entra nel vivo la fase preparatoria del nuovo ciclo di spettacoli classici al Teatro Greco. Questa mattina Moni Ovadia, regista della tragedia “Supplici” ha effettuato un sopralluogo nell’antica cavea, per cominciare ad immaginare la messa in scena dell’opera di Eschilo. “Il mio – ha detto il regista, ma anche interprete de “Le Supplici”, nel ruolo di Pelasgo, re di Argo- sarà uno spettacolo in musica con l’utilizzo di diverse lingue, il siciliano e il greco su tutte, e uno sguardo forte alla dimensione scura del Mediterraneo”. Con Moni Ovadia, questa mattina, c’erano il sovrintendente della Fondazione Inda, Gioacchino Lanza Tomasi, il componente del Cda, Walter Pagliaro , lo scenografo Giovanni Carluccio e la costumista Elisa Savi. Gli attori, queste le prime anticipazioni, utilizzeranno il greco di Eschino, ma nella pronuncia dei giorni nostri. “Perché non dobbiamo dimenticare- spiega il regista- che si tratta del linguaggio della democrazia e che la Grecia, che oggi è un paese martoriato, che soffre, ha dato tantissimo a tutto il mondo. Ci saranno parti in italiano e sto pensando -prosegue l’artista – anche alla possibilità di introdurre qualche piccola parte in arabo”. Le musiche saranno curate dal cantautore ennese Mario Incudine, che sarà anche assistente alla regia, “un giovane sapiente e un grande artista”. Proprio la musica sarà protagonista assoluta di una versione dell’opera di Eschilo che promette di regalare grandi emozioni. “Penso a uno spettacolo deflagrante – continua il regista –, a una tavolozza di suoni ed espressioni che si misceleranno tra loro all’interno di una rappresentazione tutta musicale”. In scena si affronterà un tema di grande attualità: le donne che rivendicano la propria autonomia rispetto a gli uomini che, al contrario, tentano di prevaricare.Ma anche la storia di un re che consulta il popolo. “Parleremo- conclude il regista- di accoglienza e libertà, perché non c’è libertà se non si può accogliere e non c’è accoglienza senza libertà”.