Siracusa. La morte di Stefano Biondo, domani la decisione del Gup. Il pm chiede il rinvio a giudizio dell'imputato

Si conoscerà domani la scelta del Gup del Tribunale di Siracusa, Patricia De Marco, sul caso della morte di Stefano Biondo. Ore di riflessione, dopo l’udienza di questa mattina, per decidere se rinviare a giudizio l’imputato (un infermiere accusato di omicidio colposo) – come sperano i familiari – o per il non luogo a procedere. Il pm, Caterina Aloisi, si è pronunciata per il rinvio a giudizio.
Stefano Biondo, disabile psichico, è morto a  21 anni forse a causa di un presunto caso di malasanità. Una tragedia per cui la famiglia chiede da diverso tempo che sia fatta giustizia. Una storia dolorosa, fatta di battaglie che i familiari del giovane hanno condotto in un primo momento per ottenere, per lui, l’applicazione di un programma terapeutico adeguato.  Nel 2008 il ragazzo entra in Tso, il trattamento sanitario obbligatorio, nel reparto di Psichiatria dell’ospedale Umberto I di Siracusa. E’ nella struttura di via Testaferrata che è rimasto fino al giorno prima della sua morte.  I familiari lo accudivano insieme ad un accompagnatore.  Poi un provvedimento del giudice del tribunale di Siracusa che intima alle istituzioni competenti l’individuazione di una struttura adeguata alle esigenze del giovane e, quindi, il trasferimento nella comunità alloggio di via delle Madonie. Il 25 gennaio, una crisi improvvisa. “Quando con mio marito siamo arrivati da lui- racconta Rossana La Monica, sorella di Stefano Biondo e presidente dell’associazione Astrea, fondata in sua memoria –  mio fratello era disteso a terra, legato con un filo elettrico. Stava male. L’ho capito subito ed ho anche capito che la situazione era gravissima. L’infermiere professionale del reparto di psichiatria dell’ospedale Umberto I che era presente mi rassicurava, diceva che aveva somministrato a Stefano una dose di tranquillante, ma io avevo già capito. Stefano è morto e a nulla sono serviti il massaggio cardiaco e la respirazione bocca a bocca che ho operato”. La sorella di Stefano parla, poi, di un’ambulanza, quella arrivata per soccorrerlo, non attrezzata per le emergenze del caso. “Non aveva il defibrillatore perché non era stato comunicato il codice rosso- spiega ancora Rossana – Solo dopo un’altra mezz’ora è arrivato il mezzo giusto, con il medico a bordo. Per Stefano, però, era ormai troppo tardi”. Al dolore della famiglia per la grave perdita si è aggiunto quello per un processo difficile, fatto di udienze rinviate e, ancora prima, della richiesta di archiviazione del caso.