Siracusa. Monjii e i migranti dimenticati, accuse alle associazioni

Un fiore per Monjii e un video per far vedere dove viveva, cosa sognava, prima della tragica fine dei suoi giorni. Ramzi Harrabi ha raggiunto la piccola baracca che faceva da casa all’uomo, tunisino ormai senza fissa dimora, ma che per decenni aveva lavorato regolarmente in Italia, pagando le tasse e versando i contributi. All’invito a deporre un fiore per ricordarlo hanno risposto in pochi. Non servono due mani per contarli. Un’occasione per lanciare un monito a quanti, pur occupandosi di immigrazione, non si occupano poi degli immigrati intesi come singole persone, non come business. Questo il concetto che Ramzi Harrabi esprime anche utilizzando le immagini girate attraverso il vetro della catapecchia in cui viveva il 61enne rinvenuto cadavere proprio all’interno. La sua “casa” è posta sotto sequestro. Attraverso la finestrella, tuttavia, è possibile notare quelli che Harrabi definisce “i sogni di Monjii”. Un “gratta e vinci”, ad esempio, forse sintomatico dell’ultima spiaggia che l’uomo sperava di poter raggiungere dopo che la sua vita era praticamente andata in frantumi. “Dove sono le associazioni che speculano sui migranti? – la domanda che Harrabi diffonde attraverso il suo video- Non c’erano rappresentanti delle associazioni, in effetti, all’appuntamento per ricordare lo sfortunato tunisino. “Facile dimenticare, facile anche però ricordarsi soltanto degli aspetti dell’immigrazione che concedono business fiorenti- l’accusa di Ramzi Harrabi. A deporre un fiore anche Clara Venuto, ex componente della Commissione Territoriale per il Riconoscimento dello stato di Rifugiato. Un modo per scuotere le coscienze o per far comunque presente la situazione. “Ci sono immigrati di serie A e di serie B- ammette Clara Venuto- E’ davvero triste vedere come chi ha pagato le tasse e ha rispettato la legge per tanti anni, sia poi stato lasciato a vivere in queste condizioni, in questa baracca”. “Siamo da soli- tuona l’amico di Monjii, anche lui immigrato, che lo incontrava ogni giorno alla mensa Caritas- Per noi non c’è niente”. Poi usa un’espressione siracusana: “Siamo persi”.Harrabi rincara poi la dose . “Per alcune organizzazioni i migranti sono come le lumache- Se non c’è nulla da succhiare, non ti vedono”. Ai migranti suggerisce di fare attenzione ai “veri colonialisti, cioè coloro i quali vivono grazie alla nostra causa ma non fanno altre che riempirsi le tasche, mantenere il proprio bacino elettorale e costruire curricula. Quelli- conclude- che sembrano amici, sono invece i primi a farci la guerra”.