Siracusa. Piccola Industria in crisi: "Sbloccare gli investimenti, bene lo smart working"

Il Comitato Piccola Industria di Confindustria Siracusa, guidato da Sebastiano Bongiovanni, ha realizzato la seconda indagine per valutare l’impatto che l’emergenza sanitaria Covid 19 ha avuto tra le PMI associate a Confindustria Siracusa nel mese di aprile. All’indagine hanno partecipato un campione rappresentativo di aziende delle diverse categorie merceologiche.

“I risultati di questa seconda indagine – dice il Presidente Bongiovanni – confermano i dati già registrati a marzo, mettendo ancor più in evidenza lo stato di difficoltà in cui versano le imprese. I risultati, in sintesi, hanno evidenziato una riduzione della produttività in tutti i settori, con maggiori contrazioni soprattutto nel settore turistico, edile e in parte metalmeccanico, mentre ha resistito meglio il comparto del terziario innovativo. Massiccio è stato l’utilizzo della cassa integrazione e, per chi è rimasto a lavoro, l’utilizzo della modalità dello smart working, uno degli elementi positivi di questa crisi, in quanto ha permesso a molte aziende di testare questa modalità di lavoro che ha dato riscontri positivi, in alcuni casi si è anche registrato un incremento della produttività. Altro elemento positivo è stata la capacità delle aziende, a prescindere dalle dimensioni, di adeguarsi ai protocolli di sicurezza”. In generale il mantenimento, durante l’emergenza Covid, dell’attività produttiva dell’area industriale ha in parte limitato l’impatto negativo sulle nostre pmi”.

“Dai dati dell’indagine, ma soprattutto dai suggerimenti delle aziende – continua Bongiovanni – emerge in maniera chiara che gli interventi economici previsti dal Governo, alla data attuale, non soddisfano le esigenze e le aspettative delle imprese che chiedono, per affrontare questa emergenza, una disponibilità di liquidità immediata realizzabile solo con il differimento del pagamento di oneri previdenziali e tasse che dovrebbero essere rimborsati non certamente in pochi mesi”.

“La perdita di produttività, e quindi di fatturato, per molte aziende è un dato che preoccupa molto: per questo motivo viene richiesto un sostegno con un contributo a fondo perduto per abbattere gli oneri previdenziali, ciò consentirebbe di salvaguardare i livelli occupazionali e sostenere la domanda interna. Non convincono nemmeno le misure per il credito con le garanzie statali: primo perché le imprese non vogliono indebitarsi per affrontare una crisi che non dipende da loro; secondo perché con le banche si riscontrano lungaggini burocratiche e tassi d’interesse poco convenienti. Per rendere appetibile questa modalità d’accesso al credito sarebbe auspicabile l’azzeramento del costo degli interessi o la copertura del finanziamento con una quota a fondo perduto”.

“Ciò che emerge infine con forza è la necessità di sbloccare gli investimenti pubblici e privati, anche in deroga alle regole vigenti, che consentano velocemente la ripartenza dei cantieri”.

A fine maggio l’indagine verrà riproposta per avere un quadro aggiornato della situazione.