Embargo al petrolio russo: senza alternative, è l’inizio della fine della zona industriale

 Embargo al petrolio russo: senza alternative, è l’inizio della fine della zona industriale

Non è una buona notizia per la zona industriale di Siracusa. Anzi, tra le peggiori in assoluto se non arriveranno soluzioni alternative nel breve volgere di tre mesi. L’Unione Europea ha dato il suo via libera all’embargo totale del petrolio russo, a partire da settembre. La sanzione è inserita nel nuovo pacchetto di misure contro la Russia per l’invasione dell’Ucraina. Il nuovo pacchetto verrà “licenziato” ufficialmente sabato 30 aprile. Il mercoledì successivo sarà la Commissione europea a dettagliare i provvedimenti.
L’Italia è il quinto Paese europeo per importazione di petrolio russo (5,6 Mt): quasi tutto finisce a Priolo, per la raffinazione in Isab. A dirla tutta, oggi l’unico greggio che arriva nel grande impianto siracusano è quello russo. Tutti gli altri hanno chiuso i rubinetti, per paura di ritrovarsi alle prese con le sanzioni occidentali. Niente credito dalle banche, solo il petrolio che arriva dalla Russia tiene oggi aperta e operativa la raffineria Isab che, in un complesso domino, tiene in piedi l’intera zona industriale siciliana. Se da settembre non arriverà più neanche il petrolio russo, la raffineria non avrebbe alternative alla chiusura. Una fermata definitiva, senza alcuna prospettiva. E se chiude Isab, lo scenario è facilmente prevedibile: smobilita l’intero polo.
E’ quella “catastrofe sociale” di cui anche il presidente della Regione teme ora il contraccolpo (anche elettorale), per cui si è spinto ieri a scrivere al premier Draghi invocando un intervento del governo. C’era l’ipotesi golden power, ovvero la nazionalizzazione dello stabilimento per mettere al sicuro un asset industriale strategico. Altra ipotesi: un acquisto da parte di Eni, con l’uscita di scena di Lukoil. Dal Mise assicurano attenzione massima. Di provvedimenti all’orizzonte neanche l’ombra. La paura si chiama disoccupazione: da settembre sono a rischio diretto almeno 4.000 persone impiegate a vario titolo nella zona industriale siracusana. E potrebbe solo essere l’inizio della fine, con le fantomatiche bonifiche che non solo altro che una favoletta. Non darebbero lavoro a nessuno perchè non ci sono i soldi dello Stato ed i privati hanno già quasi completato quelle di loro competenza. Se si chiude, sarà solo deserto.
Il territorio si prepara alla mobilitazione. “Ci stiamo lavorando con grande lena”, assicura il segretario della Cgil, Roberto Alosi. Nelle prossime ore sono attese novità. Di certo la partecipazione sarà massiccia, con il coinvolgimento delle componenti sociali, imprenditoriali, commerciali ed istituzionali del territorio.

 

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