La Cassazione assolve Gianni D’Anna, un mese dopo la sua morte: “il fatto non sussiste”

 La Cassazione assolve Gianni D’Anna, un mese dopo la sua morte: “il fatto non sussiste”

“Annullamento senza rinvio perché il fatto non sussiste”. Una formula chiara, che allontana ogni ombra dal giornalista Gianna D’Anna, prematuramente scomparso il mese scorso. La Corte di Cassazione ieri ha assolto definitivamente dal reato di diffamazione aggravata a mezzo stampa il direttore di Augustaonline ed ha annullato le due sentenze di condanna in primo e secondo grado inflitte dal Tribunale e dalla Corte d’Appello di Messina.
Una vittoria piena per il giornalista, scomparso improvvisamente il 19 dicembre scorso a 61 anni, nei cui confronti però il processo in Cassazione ieri si è svolto regolarmente. Il suo legale di fiducia, l’avvocato Nino Cacia non ha, infatti, formalmente dichiarato la morte dell’imputato e il processo si è svolto per volontà della famiglia che ha voluto così onorare fino alla fine la memoria del loro caro, rinunciando alla dichiarazione di estinzione del reato per morte del reo, che pure era possibile e chiedendo, dunque, che venisse giudicato.
Con la sentenza, di cui si attendono le motivazioni e con la quale si estinguono anche gli effetti civili della condanna, la Corte di Cassazione ha messo la parola fine ad una vicenda che si trascina da oltre dieci anni, da quando nel dicembre 2007 D’Anna fu denunciato dal magistrato di Siracusa, Maurizio Musco, all’epoca ex sostituto procuratore a Siracusa, per diffamazione a mezzo stampa aggravata per aver aggiunto l’aggettivo “vergognoso” alla notizia della richiesta di archiviazione per alcuni filoni del processo “Mare rosso”, avanzata dalla Procura di Siracusa e accolta poi dal Gip. La vicenda era quella dell’inquinamento della rada di Augusta e dell’inchiesta che, nel 2001, portò anche all’arresto di diverse persone e scosse l’intera provincia di Siracusa.
D’Anna, nonostante la richiesta di archiviazione, per non aver commesso il fatto, avanzata in aula dal pubblico ministero, fu condannato in primo grado nel 2010 dal Tribunale di Messina a 3.000 euro di multa, al pagamento delle spese processuali e al risarcimento della parte ritenuta offesa, da liquidarsi in sede civile. Nel 2017, inoltre, dopo 7 anni di mancata fissazione dell’ udienza di appello, rinunciò alla prescrizione che pure incombeva perchè certo della sua innocenza ed affrontò il giudizio di secondo grado. La Corte d’Appello confermò la condanna di primo grado emettendo sentenza con contestuale motivazione, circostanza prevista dalla legge, ma inusuale.
“Dopo questi anni di profonda inquietudine vissuta da Gianni, la famiglia vuole dedicare questa vittoria interamente a Lui, a questa professione che tanto amava e alla città di Augusta. Per noi e per tutti coloro che gli sono stati vicini è una gioia triste”, hanno commentato la moglie Liana e i figli Valerio ed Alessandra.

 

Potrebbe interessarti