Negozi di Siracusa e Augusta nel mirino del clan Mazzei di Catania: decapitati i vertici

 Negozi di Siracusa e Augusta nel mirino del clan Mazzei di Catania: decapitati i vertici

Sarebbero legati anche ai furti ai danni di negozi di Siracusa e Augusta, con la tecnica dell’auto “ariete” i presunti componenti della cosca catanese dei “Cargagnusi” raggiunti da un’ondata di arresti a seguito della retata della Squadra Mobile di Catania, che ha “decapitato” i vertici del sodalizio criminali. Le manette sono scattate ai polsi di uomini ritenuti vicini al boss Santo Mazzei, capo indiscusso,relegato al 41 bis. Nuovi elementi di accusa, inoltre, a carico del figlio di Mazzei, Nuccio, che avrebbe preso il posto del padre. Legami storici quelli tra i Mazzei e i Corleonesi. Le contestazioni vanno dall’associazione a delinquere di stampo mafioso, all’estorsione, dal favoreggiamento personale a reati in materia di falso, furto e ricettazione, a vario titolo. Un’indagine complessa e condotta con metodo tradizionale, dunque con pedinamenti, appostamenti e attività tecniche, ha spiegato ieri il procuratore Carmelo Zuccaro durante la conferenza stampa. In manetta anche una donna, Gioacchina Fiducia, accusata di concorso esterno e che avrebbe avuto un ruolo di primo piano nella latitanza di Mazzei. Con un documento di identità falso (foto della moglie del latitante ma nome e cognome della donna, Gioacchina Fiducia, sarebbe stato stipulato il contratto d’affitto della villetta di Ragalna diventata il covo del capomafia.
“Le indagini hanno portato a far luce anche su due furti commessi ad Augusta e Siracusa – spiega il dirigente Antonio Salvago – e siamo riusciti anche a recuperare la refurtiva”. Le due azioni criminali a cui fa riferimento il capo della Mobile di Catania sono il furto commesso a marzo del 2015 ai danni dell’ottica Angiolucci di Augusta (furono rubati 4.812 paia di occhiali, in parte rinvenuti dagli investigatori). Il secondo colpo (con spaccata) è quello ai danni di un negozio di abbigliamento nel centro di Siracusa commesso a giugno del 2015. Per mettere a segno questi “colpi” i catanesi non avrebbero chiesto il “permesso” a nessun clan della zona.

 

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