“Nessuna impresa chiuda”, ma sono 5mila quelle a rischio nel siracusano per caro energia

 “Nessuna impresa chiuda”, ma sono 5mila quelle a rischio nel siracusano per caro energia

In Sicilia sono 63 mila le micro e piccole imprese a rischio chiusura per via di uno shock economico alimentato da una crisi energetica con pochi precedenti. A fornire i numeri è Confartigianato, preoccupata per le sorti di una rete imprenditoriale sempre più sofferente e con 165 mila addetti, impiegati nelle piccole e micro aziende. “Nessun impresa chiuda” è il mantra divenuto il titolo di un appello rivolto dall’associazione di categoria alla deputazione regionale e nazionale, in attesa della manifestazione regionale del 7 novembre.
In provincia di Siracusa a rischio tenuta ci sono 5.039 piccole e micro imprese che rappresentano il 24,4% delle imprese del territorio; danno lavoro a 13.386 addetti, il 23,2% del totale.
Uno studio dell’Osservatorio economico di Confartigianato, individua 10 comparti manifatturieri con una più elevata intensità di utilizzo di gas ed energia elettrica e – quindi – a maggiore rischio chiusura. Si tratta dei settori energivori dei minerali non metalliferi (ceramica, vetro, cemento, refrattari, ecc), carta, metallurgia, chimica, raffinazione del petrolio, alimentare, bevande, farmaceutica, gomma e materie plastiche e prodotti in metallo.
Sono aggiunti 16 cluster manifatturieri che comprendono attività del tessile, taglio, piallatura e fabbricazione di prodotti in legno, stampa, produzione di batterie di pile e accumulatori elettrici, apparecchi per uso domestico, parti ed accessori per autoveicoli e loro motori, fornitura e gestione di acqua e rifiuti.
Infine, il perimetro settoriale è integrato da 17 comparti dei servizi messi maggiormente sotto pressione dall’escalation dei prezzi di energia elettrica, gas e carburanti, con una maggiore diffusione di margini più contenuti e rapidamente erosi dal caro-energia. Si tratta dei settori di commercio di materie prime agricole e prodotti alimentari, alloggio, ristorazione, servizi di assistenza sociale residenziale, servizi di asili nido, attività sportive (piscine, palestre, ecc..), parchi di divertimento, pulitintolavanderie e centri per il benessere fisico. A questi si aggiungono i settori del sistema dei trasporti colpiti dall’aumento del costo del gasolio, trainato dall’escalation dei prezzi di gas ed elettricità delle ultime settimane: si tratta delle imprese dei comparti di trasporto merci su strada e servizi di trasloco, taxi, noleggio di autovetture e autobus con conducente, il trasporto marittimo e per vie d’acqua. Colpita anche logistica, con il magazzinaggio e le attività di supporto ai trasporti; su alcune di queste attività, come nella intermediazione di prodotti agricoli ed alimentari, gravano anche i pesanti rincari per la refrigerazione delle merci deperibili.
La spinta al rialzo del prezzo dell’energia dovrebbero costare o,2 punti percentuali di Pil che diventeranno 0,5 nel 2023.

 

Potrebbe interessarti