Salvare la zona industriale, si prepara la mobilitazione. “Siamo a due passi dal baratro”

 Salvare la zona industriale, si prepara la mobilitazione. “Siamo a due passi dal baratro”

Prima la Cgil, poi il Pd e alla fine anche Confindustria Siracusa. Tutti hanno pronunciato la stessa parola: mobilitazione. L’espressione esatta – che segna una insolita alleanza – è ‘serve una mobilitazione generale per salvare la zona industriale aretusea’. Il polo energetico siracusano è “a due passi dal baratro”. La definizione è di Claudio Geraci, ai vertici di Isab-Lukoil e vicepresidente degli industriali siracusani.
Cosa è il baratro? “Semplice. Senza prospettiva, non è possibile pensare un futuro per questa zona industriale. All’attuale ritmo degli eventi, potrebbe anche finire adesso”. E chiudere. Senza bonifiche (la parte pubblica è in clamoroso ritardo decennale, ndr) e senza una alternativa per il dopo industria. “Sarebbe un peccato, oggi ci sono le condizioni per un nuovo sviluppo sostenibile”, dice sempre Geraci.
“In tutti questi anni, abbiamo saputo pianificare le nostre attività e garantire presenza, occupazione ed economia rispettando le matrici ambientali imposte sotto il controllo e la guida del Ministero. Oggi siamo in piena fase di mutamento. E’ cambiato il racconto, è cambiata la percezione della nostra attività e della presenza”, aggiunge il manager in diretta su FMITALIA. Ecco allora che si torna sempre lì, a quella parola: mobilitazione.
“Deve essere trasversale, creare una ampia partecipazione che coinvolga i sindacati, i lavoratori, la politica e ovviamente noi industriali”, dice d’un fiato il vicepresidente di Confindustria. “Dobbiamo trasferire al governo centrale un messaggio comune e forte, che deve partire da questo territorio: la zona industriale di Siracusa ha un valore per il Paese, può partecipare oggi alla risoluzione parziale della crisi energetica che stiamo vivendo e può essere domani importante in ottica comunque di transizione energetica”. Chi deve far partire la mobilitazione? E quando? “Deve essere una azione concertata tra le tre forze della società. Una partecipazione trasversale con obiettivo comune: rilanciare e valorizzare il polo energetico: ora, subito, siamo già in ritardo. Gli eventi corrono”.
Le aziende del polo siracusano hanno presentato nei mesi scorsi dei progetti. Una prima valutazione non è stata del tutto positiva. E non c’è al momento quel sostegno pubblico (economico) richiesto e necessario. “Aziende italiane in Francia hanno avuto finanziati per circa il 75% i loro progetti per la produzione di idrogeno in area petrolchimica. Quello è il modello da ripetere anche qui. Ma invece in Italia la raffinazione è esclusa da ogni linea di finanziamento con il Pnrr. Rendiamoci conto di quanto siamo distanti, come volontà politica del Paese, dal consolidare i nostri beni e i nostri asset”. Per sostenere i progetti di transizione energetica, le aziende del polo siracusano hanno chiesto una partecipazione pubblica pari al 35%. “E ci rilanceremmo per i prossimi 30 anni”, assicura Claudio Geraci.
La posizione degli industriali è, in larga parte, condivisa dai sindacati. La politica locale, invece, pare ancora distratta. “Sinceramente – commenta sul punto Geraci – c’è la generale percezione che manchi la concretezza della politica, regionale e nazionale. Non si va oltre a conferenze stampa e annunci, anche su di una proposta interessante come l’iniziativa per l’istituzione dell’area di crisi industriale complessa. Era una iniziativa pragmatica, avviata quasi un anno fa. Ma il tempo non è una variabile indipendente. Ecco, i tempi della politica e delle istituzioni non sono coerenti e compatibili con il modo con cui gli eventi si sviluppano. E finisce così che quando alcune iniziative vanno finalmente in porto, è troppo tardi”. Parole che riportano indietro le lancette e fanno riaffiorare il famoso caso Ionio Gas e il rigassificatore che non si fece per il silenzio della politica e la posizione dei territori a cui venne delegata la scelta, con poca responsabilità. “Senza andare troppo lontano, avevamo presentato un piano da 3 miliardi di euro, tutte noi aziende dell’area industriale. Quel piano non ha ricevuto un riscontro a livello del governo nazionale. Anzi, in alcuni casi specifici è stato rimandato al mittente perchè lo hanno definito anacronistico e non interessante. Solo la transizione energetica è degna di nota”. Un posizionamento ideologico che si è scontrato con la crisi russo-ucraina e l’emergenza energetica che l’Italia sta cercando di fronteggiare con nuovi, piccoli accordi con altri fornitori diversi dalla Russia. Per gli esperti di politica industriale, rimane l’errore di base: non aver saputo garantire al Paese una parziale autonomia energetica, generando una totale dipendenza dall’estero.
“Manca il coraggio nel tutelare asset strategici. Vogliono sacrificare la serenità occupazione ed economica dell’area industriale di Siracusa e di questa provincia. Chi? Non una persona specifica. Si è venuto a creare un umore generale per cui discutere di raffinazione non è trendy, anzi è quasi criminale. Signori, stiamo parlando di energia. Questo polo è importantissimo per l’energia del Paese. E oggi, in situazione di grave crisi, come accettare il principio che possa essere abbandonata perchè al di fuori delle politiche di cui il governo si è innamorato? In situazione di crisi, devi consolidare quello che hai. Qui sta succedendo l’opposto”.
Che cosa stiamo rischiando concretamente? “Quello che può succedere, alla luce dell’attuale velocità degli eventi, è difficile da prevedere. Io dico che siamo già in forte ritardo. Siamo un paio di passi prima del baratro”.

 

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