Secondo rapporto di sostenibilità del polo industriale: sempre strategico per il Paese

 Secondo rapporto di sostenibilità del polo industriale: sempre strategico per il Paese

Approvvigionamento energetico nazionale, sostenibilità, transizione energetica: se ne è discusso a Siracusa in occasione della presentazione del secondo Rapporto di Sostenibilità del Polo Industriale siracusano. Presenti i rappresentanti delle imprese del distretto (Eni Versalis Eni Rewind, Sonatrach, Lukoil, Eni, Sasol, Erg, Sol, Priolo Servizi, IAS). I temi trattati sono di rilevanza strategica nazionale.
È intervenuta con un lungo messaggio la sottosegretaria alla Transizione Ecologica, Vannia Gava: “Non possiamo sottrarci al grido di allarme di questo settore. Sarò lieta di avviare un dialogo con il polo industriale siracusano che durante la fase acuta della pandemia ha garantito continuità degli approvvigionamenti e stabilità del lavoro. È indispensabile che il governo trovi soluzioni insieme agli imprenditori che sono la parte trainante del nostro Paese”.
E il Presidente di Confindustria Sicilia, Diego Bivona, ha rivendicato la strategicità del polo siracusano per l’Italia intera. “Siamo al centro della catena di fornitura energetica nazionale per il know–how tecnologico e l’enorme valore del capitale umano, per il posizionamento strategico al centro del Mediterraneo, insostituibile ponte con i paesi dell’area Mena (Middle East, North Africa) a cui sempre di più dovremo guardare in una logica centrata sul Mediterraneo. Serve una visione comune ed un’assunzione di responsabilità conseguente e congiunta di governo nazionale, di governo regionale, forze produttive e parti sociali in cui ciascuno svolge la sua parte”.

Il Presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, ha indicato la volontà della Regione: “ho detto al ministro Cingolani che vogliamo essere la prima Regione verde d’ Italia”. Presente anche Aurelio Regina, Delegato del Presidente di Confindustria Nazionale Bonomi. “Come Sistema Italia – ha spiegato Bonomi – abbiamo una debolezza rispetto a Francia e Germania: da una parte dobbiamo finanziare con un investimento ingente l’industria del rinnovabile e dall’altra dobbiamo tenere in vita il sistema termoelettrico che funzioni da bilanciamento all’instabilità strutturale delle rinnovabili. Quindi uno scenario con doppi costi, insostenibili da qui al 2030. Ma questo non significa che le imprese italiane non saranno pronte o non si stanno preparando a gestire il Green Deal europeo. Basti pensare che dal 2005 al 2015 le emissioni di CO2 in Italia sono passate da 581 milioni di tonnellate a 433 milioni con una contrazione dovuta in particolare ai settori industriali soggetti al meccanismo ETS che hanno effettuato ingenti investimenti nell’efficientamento dei processi. Le imprese italiane sostengono con forza il Green Deal europeo ma c’è bisogno di pragmatismo e di grande senso della realtà, guardando alle tecnologie disponibili con chiarezza e senza ideologie. Solo così e allineando i tre assi ambientale, economico e sociale, possiamo accompagnare un processo di transizione in linea con le aspettative del Paese. Se così non fosse rischiamo di perdere una grande opportunità”.

 

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