Siracusa. Trasferimento d'ufficio per il procuratore capo Giordano? Decisione in dirittura d'arrivo

 Siracusa. Trasferimento d'ufficio per il procuratore capo Giordano? Decisione in dirittura d'arrivo

Il procuratore capo di Siracusa, Francesco Paolo Giordano, potrebbe essere trasferito dal Csm per incompatibilità ambientale. La Prima Commissione del Csm sta trattando il caso con decisione finale, però, rinviata a data da destinarsi. Lo scorso maggio, le audizioni.
Intanto Il Fatto Quotidiano arricchisce di dettagli la vicenda, con un articolo di Antonella Mascali, che cita passaggi della relazione in possesso dello stesso Csm e le audizioni dei pm della ormai chiacchierata procura siracusana.
Emergerebbero “sintomi di lacerazione del rapporto fiduciario” tra il procuratore capo ed i suoi sostituti. Al punto da far parlare di “appannamento dell’esercizio indipendente e imparziale dell’attività giudiziaria” definito “significativo”. Inoltre, anche i magistrati siracusani avrebbero segnalato al loro capo presunte “anomalie” nelle indagini condotte dall’ex pm Longo (arrestato) e Musco (indagato). Riscontrando in Giordano però un atteggiamento che sarebbe stato volto a “minimizzare gli accadimenti” o, in alcuni casi, quasi ad “ostacolare le segnalazioni”. In otto si sono poi rivolti alla Procura di Messina.
Giordano, convocato lo scorso mese di maggio in audizione proprio dalla Prima Commissione (ed a quella data risalirebbe la relazione, ndr), si è già difeso con una ricca ed articolata memoria, finita agli atti. Nella quale si sottolineano anche le diverse segnalazioni disciplinari operate ai danni dell’ex sostituto Longo.
Ma già nel 2017 il presidente della commissione del Csm, Giuseppe Fanfani, componente laico dell’area di centrosinistra, aveva lasciato intendere il concreto rischio di un trasferimento d’ufficio per incompatibilità per il procuratore capo, Francesco Paolo Giordano. Già allora coinvolti anche i pm Giancarlo Longo e Maurizio Musco.
“A prescindere dall’esistenza di condotte colpevoli riconducibili a fattispecie di diversa natura”, i tre si sarebbero venuti a trovare “in una situazione tale da incidere sulla piena indipendenza e imparzialità dell’attività giudiziaria nella sede di Siracusa e nelle funzioni di pubblico ministero”. Ed era maggio del 2017, nove mesi prima dell’esplosione dello scandalo sul cosiddetto “Sistema Siracusa”.

 

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