Zona industriale, la crisi del 2021: la Fiom lancia l'allarme, "riconvertire o Priolo sparirà"

 Zona industriale, la crisi del 2021: la Fiom lancia l'allarme, "riconvertire o Priolo sparirà"

“La vertenza che in questi giorni coinvolge i 130 lavoratori della BPIS evidenzia quanto il combinato disposto tra pandemia e crisi abbia contribuito a far crescere le diseguaglianze sociali e l’ingiustizia di cui è vittima il lavoro dipendente nel nostro Paese”. A dirlo è il segretario della Fiom Cgil di Siracusa, Antonio Recano. “L’estrema gravità di questa situazione non sembra, però, essere percepita da una politica impantanata nel personalismo e nei giochi di potere, e da un sistema industriale figlio di un modello economico e sociale che spingendo sulla massimizzazione del profitto ha consentito alle grandi imprese multinazionali di aumentare, anche in questa fase, i propri guadagni”.
La vicenda della Bpis è solo uno dei tanti campanelli d’allarme sullo stato del polo industriale siracusano. Sullo sfondo c’è la grande paura dovuta alle recenti scelte di Lukoil per la prima parte del 2021. “Dobbiamo superare contraddizioni ormai caratteristiche del sistema industriale siracusano che, con arroganza, non intende riconoscere alcun ruolo ai soggetti sociali presenti in un territorio che avrebbe bisogno di un confronto vero per favorire un nuovo sistema di relazioni industriali inclusivo, capace di programmare e governare nuovi processi produttivi con l’obbiettivo di perseguire uno sviluppo sostenibile”, dice Recano.
Soluzioni? Il segretario della Fiom le individua a partire da “un nuovo modello di sviluppo, basato sulla riqualificazione delle produzioni. Ora non c’è più tempo: o si realizza un piano strategico di bonifica, si programma la riconversione e lo sviluppo ecocompatibile del polo petrolchimico, oppure Priolo scomparirà. I lavoratori non sono più disposti a pagare il prezzo della crisi. Vertenze come quella che stanno vivendo i lavoratori della BPIS sono la dimostrazione che i tavoli permanenti non sono sufficienti se le imprese non vogliono mettere in discussione il sistema. Occorre costruire un laboratorio sociale dove il sindacato e i lavoratori possano mettere in campo tutta la forza e l’intelligenza di cui sono capaci per rimettere al centro la persona e i suoi bisogni, dettare condizioni e indirizzi, per una riqualificazione delle produzioni, per ridare il giusto valore al lavoro alla salute, all’ambiente e occorre farlo senza posizionamenti difensivi perché non si può accettare alcun patto sociale che, come ci insegna la storia, risulterebbe una sfuggente suggestione per nascondere in realtà pesanti ricatti”, l’ultima sferzata di Recano.

 

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