Avola. "Primo Mediterraneo, meditazioni sul mare" del sovrintendente Tusa

 Avola. "Primo Mediterraneo, meditazioni sul mare" del sovrintendente Tusa

“Primo Mediterraneo”, un viaggio,  “mille cose insieme”, “non un paesaggio ma un insieme di paesaggi”. Sebastiano Tusa, sovrintendente del Mare presenta ad Avola il suo lavoro. L’appuntamento è fissato per domani, nella sala Fratantonio del palazzo municipale. Iniziativa dell’associazione “Acquanuvena”. Relatore, Massimo Frasca, direttore dell’Istituto di Specializzazione in Archeologia all’Università degli Studi di Catania.Saranno presenti il sindaco, Luca Cannata, il saggista Carlo Ruta e l’avvocato Tonino Sano. Coordina l’archeologa Daria Di Giovanni.
«Che cos’è il Mediterraneo?» Si chiedeva Fernand Braudel tanti anni fa. E rispondeva: «Mille cose insieme. Non un paesaggio, ma innumerevoli paesaggi. Non un mare, ma un susseguirsi di mari. Non una civiltà, ma una serie di civiltà accatastate le une sulle altre.» In questo saggio Sebastiano Tusa ragiona sulle pluralità e le complessità di questo mare e sugli elementi di fondo che ne hanno caratterizzato la lunga vicenda, dalla preistoria al medioevo. Il mare più antico viene esaminato quale luogo di confluenza e di diffusione di merci, saperi e culture nell’ambito dei vari sistemi mercantili che resero ricchi i Minoici, i Micenei, i Fenici, i Greci ed i Romani. Ma viene investigato anche quale formidabile serbatoio di biomasse che hanno reso possibile la vita e lo sviluppo di numerose comunità costiere.
Gli strumenti e i modi con i quali il Mediterraneo è stato frequentato e utilizzato vengono analizzati in senso diacronico, al fine di poterne definire l’evoluzione, le contaminazioni, i retaggi e le tradizioni. Un’attenzione particolare è dedicata perciò ai miti e ai riti connessi con il grande mare, elaborati dai popoli per comprendere ciò che risultava incomprensibile, ma anche per «difendersi» dai pericoli dell’andar per mare. Motivi di riflessione sono infine le complessità e le pluralità etniche di questo mare, che lungo i propri orizzonti ha consentito la formazione di un grande mosaico culturale, entro cui hanno convissuto, scontrandosi e anche incontrandosi, civiltà, lingue e religioni tra loro molto diverse.
Ma il «viaggio» di Tusa nel Mediterraneo è anche un percorso esistenziale, che investe in toto la sua dimensione di archeologo e di uomo che a questo mare piccolo-grande appartiene. Egli annota in premessa: «Vediamo nel Mediterraneo la possibilità di immergersi nell’arcaismo di mondi insulari e nello stesso tempo stupire di fronte all’estrema giovinezza di città molto antiche, aperte a tutti i venti della cultura e dell’utile. Il Mediterraneo rinasce costantemente nella realtà, ma anche in noi stessi che abbiamo il privilegio di “sentirlo” scorrere nelle nostre vene spirituali, oltre che sulla nostra pelle bruciata dal sole e dal sale. Le civiltà che in esso s’incrociano odiandosi o amandosi s’incarnano in noi arrovellandosi nell’immanente dilemma tra lo struggente attaccamento alla vita e il ferale silenzio della morte.»

 

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