Il Primo Maggio della Cgil di Siracusa, “giornata di lotta e verità ma non di festa”

Il Primo Maggio, a Siracusa come in tutta Italia, “non è più un giorno di festa”. Lo sostiene la Cgil, con il segretario provinciale Roberto Alosi che parla di “un giorno di denuncia. Di indignazione. Di mobilitazione”. Nel tradizionale messaggio per la Festa dei Lavoratori, Alosi traccia un quadro allarmante dello stato del lavoro nella provincia aretusea, tra precarietà, povertà, morti sul lavoro ed emigrazione giovanile.
“Il lavoro è tornato a essere povero, precario e, troppo spesso, mortale. Non basta più a vivere. E non garantisce futuro”. A Siracusa – spiega il sindacato – il salario medio annuo si attesta a 17.598 euro, collocando la provincia tra le ultime in Italia. In Sicilia, un terzo dei lavoratori guadagna meno di 10.000 euro l’anno, una cifra che non basta nemmeno a coprire i costi basilari di vita. Per questo la Cgil denuncia una “ripresa economica che, dietro i numeri, nasconde l’incubo della povertà occupata”.
Il 2024 ha visto anche un aumento degli infortuni sul lavoro nel siracusano: 2.034 casi registrati, con sei vittime che non sono mai tornate a casa. In Sicilia, le morti sul lavoro sono aumentate del 24,5%, raggiungendo quota 71 in dieci mesi. Siracusa figura tra le zone rosse per incidenza di incidenti mortali. Una realtà definita dalla Cgil come “inaccettabile” e frutto di “una modernizzazione che dimentica i diritti e le tutele”.
Nonostante un +29,8% di crescita occupazionale nei primi nove mesi del 2024, i contratti restano brevi, instabili, involontari. I giovani, senza prospettive, scelgono di andarsene: oltre 15.000 siciliani hanno lasciato l’isola nel 2024, di cui 1.500 solo da Siracusa. Un’emorragia che svuota il futuro della provincia.
Al centro delle preoccupazioni c’è anche il polo industriale di Siracusa, che rappresenta il 13,7% del PIL siciliano e coinvolge oltre 40.000 lavoratori tra diretto, indotto e ricadute economiche. Di fronte alla crisi – tra dismissioni, tagli e scarsi investimenti – la Cgil denuncia l’assenza di strategia concreta, solo “protocolli vuoti e promesse disattese”.
La Cgil lancia allora il suo appello: votare “si” ai referendum sul lavoro che si terranno l’8 e 9 giugno.