L’Iliade di Peparini al teatro greco di Siracusa, un grido epico che scuote l’anima

 L’Iliade di Peparini al teatro greco di Siracusa, un grido epico che scuote l’anima

Ci sono spettacoli che si guardano e basta. E poi ci sono quelli che ti trascinano dentro emozioni e passioni, si vivono insomma. L’Iliade firmata da Giuliano Peparini per il teatro greco di Siracusa fa parte di questa ultima e rara categoria. È un’esperienza immersiva e fisica, sonora e visiva. Con una marea di emozioni che travolge il pubblico sin dai primi istanti, in un rituale realmente collettivo.
Peparini rilegge l’epopea omerica con occhi contemporanei, senza tradirne l’essenza e piazzando sapientemente qua e là elementi classici in un quadro moderno come le superfici led che allargano e cambiano la scena: un carcere in cui si consumano conflitti e destini umani.
Succede così che la guerra non sia più solo il racconto epico, ma diventi una lacerazione che ancora oggi consuma.
Peparini è audace, sfrutta lo spazio per movimenti coreografici e quadri che danzano – come le luci – sul confine tra sogno e incubo. Il suono è avvolgente ma su tutto c’è la parola, con una drammaturgia semplice e nuda e per questo poetica e tagliente. Merito della traduzione di Francesco Morosi a cui Vinicio Marchioni (Aedo) regala una potenza che scuote lo spettatore. Il racconto – quasi un ‘cunto’ – si dipana seguendo il suo percorrere la scena, con un bastone a cui affida un incedere ragionato.
Giuseppe Sartori (Achille) sprigiona epos e tensione, ora nello spazio ristretto di una cella, ora nell’ampio campo di battaglia. Patroclo (Jacopo Sarotti, orgoglioso prodotto della Accademia Inda) lo trascina tra le due dimensioni mentre Gianluca Merolli (Ettore) è degno e spavaldo ‘avversario’, sino allo struggente lamento di Andromaca (intensa Giula Fiume) che veste il lutto dopo essere apparsa fasciata in un rosso sfavillante.
Completano un cast corale i performer e gli allievi della Peparini Academy e dell’Accademia d’Arte del Dramma Antico.
E per capire a pieno la forza di “un uomo che viaggia due millenni avanti”, tenete gli occhi fissi sui monitor che si accendono nel finale.

 

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