Piano regionale qualità dell'aria, per il Tar hanno ragione le industrie: "dati obsoleti e superati"

 Piano regionale qualità dell'aria, per il Tar hanno ragione le industrie: "dati obsoleti e superati"

Sul piano regionale qualità dell’aria hanno ragione le industrie. Così ha sentenziato il Tar di Palermo, chiamato a pronunciarsi sui ricorsi presentati in primo luogo dalle aziende presenti nella zona petrolchimica ed energetica di Siracusa. “I ricorsi devono essere accolti nei limiti dell’interesse di parte ricorrente, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati nella parte in cui il Piano dell’aria (anche in conseguenza della presupposta Zonizzazione) impone alla società misure e attività che, a prescindere dalla loro concreta fattibilità, comporterebbero oneri ingenti e del tutto sproporzionati a fronte di dati non conformi ai necessari presupposti normativi e finanche rispetto al beneficio ambientale perseguito”, si legge nel provvedimento. Insomma, non solo la zonizzazione delle aree industriali non è stata realizzata correttamente ma persino le misure ed i provvedimenti richiesti per perseguire il miglioramento della qualità dell’aria produrrebbero – semplificando il Tar – piccoli benefici ambientali dall’enorme costo per le aziende.
I giudici amministrativi palermitani bocciano sonoramente gran parte dell’attività condotta dalla Regione, attraverso l’assessorato competente. Ipotizzabile un ricorso al Consiglio di Giustizia Amministrativa per provare a salvare un provvedimento che, però, non ha superato l’esame del Tar.
Le industrie hanno sempre bollato il piano regionale di qualità dell’aria come “inadeguato” perchè fondato su dati e modellistiche che risalgono al 2005 e solo in alcuni casi al 2007. Dati obsoleti, “non più rappresentativi dell’attuale qualità dell’aria nelle diverse aree del territorio siciliano, nonostante l’art. 4 D.Lgs. 155/2010 prescriva il riesame almeno quinquennale della classificazione”. E l’utilizzo di una base di dati non aggiornata, “pregiudica l’attendibilità delle simulazioni, conducendo alla definizione di interventi di tutela della qualità
dell’aria – soventi onerosi per le imprese – in difetto di una reale necessità essendo lo stato reale diverso da quello simulato in base a dati obsoleti”. Non solo, secondo quanto sostenuto nei loro ricorsi dalle aziende, i dati sarebbero tecnicamente errati “poiché non terrebbero conto delle significative migliorie introdotte tramite le singole A.I.A. rilasciate agli operatori industriali”.
Censure accolte dai giudici amministrativi. “E’ un dato di fatto (…) che il Decreto è fondato su dati e modellistiche risalenti al 2005 e solo in alcuni casi al 2007, pertanto, obsoleti e non più rappresentativi dell’attuale qualità dell’aria nelle diverse aree del territorio siciliano”, conferma il Tar di Palermo bocciando la linea difensiva dell’amministrazione regionale secondo la quale sarebbe irrilevante l’utilizzo di dati vetusti perché tali dati “dovrebbero essere elaborati al solo fine di individuare le zone e gli agglomerati”. In realtà, spiegano i magistrati del Tar, “se la zonizzazione e la classificazione costituiscono il presupposto su cui poi elaborare i conseguenti piani di risanamento della qualità dell’aria, esse devono necessariamente essere fondate su dati quanto più fedeli possibile rispetto alla reale situazione emissiva nelle aree considerate”. L’utilizzo di dati ultranquinquennali è, per il Tar, anacronistico e illegittimo.
L’esame della documentazione disponibile sul sito dell’Arpa (relazioni annuali sulla qualità dell’aria per gli anni dal 2014 al 2018 ed i documenti relativi alla “Modellistica meteo e di qualità dell’aria per la regione Sicilia” per gli anni dal 2015 al 2018) evidenzierebbe poi “significative modifiche sul carico emissivo esistenti fra la condizione del 2007 e quella del 2012 che influiscono in modo significativo sulle condizioni di qualità dell’aria”.
Sotto un altro profilo, quello della zonizzazione, il criterio semplificativo utilizzato “per unificare realtà territoriali sparse per l’isola” è da rivedere perchè accorpa “realtà disomogenee tra loro proprio in relazione al carico emissivo che invece avrebbe dovuto differenziarle”. Appare condivisibile dal Tar di Palermo la valutazione di “illogicità di un tale scelta, atteso che le azioni che devono essere necessariamente adottate per ridurre l’impatto di un certo inquinante nelle aree industriali ove esso rappresenta il maggior carico (IT1914), non si appalesano invece necessarie per le altre aree in cui insistono sempre comprensori industriali”.
La zonizzazione/classificazione adottata nel 2012 sarebbe stata eseguita in base ai dati della popolazione del 2001, ai carichi emissivi del 2007 e a simulazioni di dispersione del 2005. In altre parole, “su dati non più attuali e precedenti ai limiti temporali indicati dal D.lgs 155/2010, e come tali inattendibili. Appare allora evidente che nessuna esigenza di semplificazione poteva giustificare l’accorpamento di tutte le aree industriali in un’unica zona”.
Pesante anche la batosta sulle stazioni di misurazione. Già il Rapporto Annuale sulla Qualità dell’Aria 2015, allegato al Piano, “evidenzia come molte delle stazioni di misurazione non raggiungano i valori di
efficienza previsti dal D. Lgs. 155/2010”. Nello stesso Piano (pag. 173) si indica che “oltre il 50% dei dati rilevati dalle stazioni dell’area di Siracusa non raggiungono l’obiettivo di validità del 90% con evidente ricaduta in ordine al grado di attendibilità e certezza dei dati rilevati”. E in più, “nella relazione ARPA anno 2018 sulla qualità dell’aria nella regione siciliana si dà in più punti atto che le attività volte alla revisione e adeguamento della rete di monitoraggio sono tuttora in itinere. Anche il Ministero dell’Ambiente nelle osservazioni al Piano ha rilevato l’inadeguatezza della rete di monitoraggio”.
Per il collegio giudicante, sul punto emergerebbe evidente “la discrasia tra quanto richiesto dal D. Lgs. 155/2010 in merito alle modalità di valutazione della qualità dell’aria e quanto realmente posto in essere dalla Regione”.

 

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