Sequestri e beghe politiche, le industrie stanche. Bivona: “Potrebbero fare a meno di Ias”

 Sequestri e beghe politiche, le industrie stanche. Bivona: “Potrebbero fare a meno di Ias”

Spalle al muro, dopo il nuovo sequestro del depuratore consortile e con le carte della Procura di Siracusa che richiamano precise responsabilità, la Regione ha rilasciato la nuova autorizzazione integrata per Ias. Dal 2014 era finita nell’oblio.
“Il nostro atto permette di scongiurare il rischio di blocco delle attività produttive del polo petrolchimico, al contempo pretende l’adeguamento della struttura alle prescrizioni più elevate in materia. Un risultato raggiunto grazie alla collaborazione fra tutte le Istituzioni del territorio, a cominciare dalla Prefettura di Siracusa”, esulta l’assessore regionale Cordaro. Peccato ci siano voluti 8 anni e un intervento della magistratura per un passaggio che dovrebbe essere naturale in un impianto come il depuratore consortile.
“Non voglio dire che la Procura ha agito in supplenza della politica. Di certo ha verificato le carte e notato una autorizzazione non in regola”, dice a SiracusaOggi.it il presidente di Confindustria Siracusa, Diego Bivona. Il rilascio della nuova Aia risolve tutti i guai? “E’ un primo passo importante. Ma vorrei prima leggere il documento. L’ultima parola spetta comunque alla magistratura. Per il dissequestro dell’impianto non so se basta questa autorizzazione”.
Nell’immediato, “salvaguardiamo vita del polo industriale” dice ancora Bivona. Ma di fronte a situazione del genere, “pubblico e privato non possono tanto cincischiare” è il monito del presidente degli industriali siracusani. Perchè dopo due sequestri e tanto parlare di nomine di presidenti, direttori e cda è finito in secondo piano il necessario percorso di ammodernamento tecnologico ed ambientale di un impianto nato negli anni 80 ma rimasto – in alcuni passaggi – fermo a quei tempi. E le aziende non possono certo mettere a rischio la loro operatività per un cortocircuito continuo dell’amministrazione regionale. “Dobbiamo ritrovare una linea comune su come affrontare il tema dei reflui. Altrimenti non è escluso che le aziende possano decidere di dotarsi di un loro impianto di trattamento dei reflui industriali interno e fare a meno di Ias”. Il messaggio vale come monito. E attenzione perchè, senza le industrie, il depuratore consortile non riesce a mantenersi solo con il canone dei Comuni di Priolo e di Melilli. Oltre che, per la sua natura, non sarebbe in grado di funzionare come depuratore. Diverrebbe, in brutale sintesi, un “tubo” di passaggio.
Una minaccia? “No, una considerazione. La gestione pubblico-privato di Ias mostra crepe da anni e dà vita a continui contenziosi. Ci sono spese fuori controllo – insiste Bivona – si discute di nomine. Non mi meraviglierei se le imprese si smarcassero da Ias. E forse ci stanno già pensando. Troppe lotte continue per i cda e ci si dimentica di un’Aia scaduta nel 2014 e mai sollecitata. Mi pare logico che le imprese, che pagano, traggano le loro conclusioni”.
Per il momento, però, bisogna ragionare di presente, di impiantistica e di limiti e restrizioni a vantaggio dell’ambiente per rimettere in carreggiata Ias. “Si, ma le cose si devono fare. Sono fiducioso – confessa il presidente di Confindustria Siracusa – ma anche stanco: inseguiamo i problemi uno alla volta. Non si può ragionare così. Qui abbiamo emergenze su emergenze e nessuno è capace di guidare una strategia complessiva che possa mettere al riparo la zona industriale di Siracusa”.
La guerra russo-ucraina, il petrolio, la transizione. Nuvole su nuvole si addensano sulla zona industriale. “Prendiamo la transizione energetica. Abbiamo fatto una prima stima, costerebbe 3 miliardi di euro. Siamo pronti a fare la nostra parte, ma il costo del cambiamento non può essere solo sulle spalle dei privati. Non cambiamo perchè vogliamo guadagnare di più, cambiamo le produzioni e gli impianti per rispondere ad una emergenza climatica e nell’interesse della collettività. I governi devono venire incontro con incentivi e tempi ragionati per gli interventi”. Il modello è quello francese, mentre l’Italia pare seguire altre vie. Come nel caso delle deroghe all’embargo del petrolio russo via mare, neanche richieste per la zona industriale di Siracusa.

 

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