Siracusa. Il caso del bidone in Urologia: "Avevamo la soluzione, non siamo stati ascoltati"

 Siracusa. Il caso del bidone in Urologia: "Avevamo la soluzione, non siamo stati ascoltati"

Emergono nuovi dettagli intorno alla vicenda del bidone utilizzato per il drenaggio nel reparto di Urologia dell’ospedale “Umberto I” di Siracusa. Mentre prosegue l’indagine interna avviata dall’Asp e su cui si concentra anche l’attenzione dell’assessore regionale alla Salute, Baldo Gucciardi, una presa di posizione fornisce  un’ulteriore chiave di lettura in merito all’episodio che ha scatenato aspre polemiche. A dare nuovi dettagli è il titolare di un’azienda che produce un sistema “innovativo a circuito chiuso per gestire i liquidi biologici in totale sicurezza per gli operatori e per i pazienti”. Il general manager si chiama Gianni Casamichele. Il suo racconto tende a sottolineare come la responsabilità di quanto accaduto possa non essere ascrivibile al direttore dell’Unità operativa. Casamichele scrive alla redazione di “SiracusaOggi.it” perché -spiega- colpito dall’episodio. “Ho un legame affettivo con Siracusa- premette- Mio padre era di Noto e vedere che esistono ancora situazioni di gestione del problema in modo arcaico, mi lascia molto preoccupato. La nostra azienda si era già messa in contatto ancora prima di questo episodio per presentare il nostro sistema ma non è stata ascoltata”. Casamichele entra, poi, nel dettaglio e racconta che il rivenditore autorizzato per la Sicilia della sua azienda si era messo in contatto con il primario, Bartolo Lentini e con il capo sala Novella all’inizio dell’anno, per presentare il sistema commercializzato. “È anche stata organizzata una dimostrazione -spiega il general manager- che ha dato esito positivo. Il primario ha mostrato grande interesse per l’acquisizione del nostro aspiratore a circuito chiuso “S.HO.W.” e delle sacche per urina a circuito chiuso,  necessarie per funzionamento completo dell’aspiratore in reparto”. L’imprenditore ritiene che “dotarsi di questo sistema si tradurrebbe in un evidente salto di qualità, con un incremento evidente della sicurezza di operatori e pazienti, abbattendo il rischio di contaminazione da agente biologico ed una riduzione delle infezioni da catetere vescicale, che rappresentano-conclude- il 30 per cento, in media, delle infezioni ospedaliere”. Se l’acquisizione non è stata effettuata, sempre secondo il racconto di Casamichele, è per la carenza di risorse economiche. “Come spesso accade- è il commento del general manager- la burocrazia blocca i buoni propositi”.

 

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