Siracusa. L’addio a Loris e Benny… E quei ragazzi in scooter senza casco fuori dalla chiesa

 Siracusa. L’addio a Loris e Benny… E quei ragazzi in scooter senza casco fuori dalla chiesa

Don Massimo i giovani li conosce, li vive a scuola, da insegnante. Ieri, durante i funerali di Loris e Benny, ha voluto parlare di vita, del suo valore. Lo ha fatto in un modo per certi versi inatteso, molto più diretto. Un pugnale, se vogliamo. E questo volevano essere le sue parole. Qualcosa che restasse davvero, soprattutto ai tanti giovani presenti, dentro la chiesa e fuori, dove durante la funzione si preparava qualcosa che fosse eclatante, forse troppo per un momento tragico come quello. “Noi sacerdoti non abbiamo mica tutte le risposte- racconta Don Massimo- e non è stato affatto semplice parlare ieri a tutte quelle persone e soprattutto a tutti quei ragazzi. Non è vero che il Signore ha chiamato a sè Loris e Benny, che li ha voluti con sè, togliendoli alle loro famiglie. Non li vuole il Signore i ragazzi. Ha donato loro la vita perchè la vivano, fino in fondo. Ed è inconcepibile che ancora alle soglie del 2020 si muoia alla fine di una serata tra amici. Dovremmo alzare gli scudi, questa è la verità”. Commuovono le parole di Don Massimo, ma soprattutto fanno male e dovrebbero farne a tutti. “Ho chiesto e chiedo ai ragazzi se a loro sembra celebrare la vita correre in auto, alzare il gomito. E’ vita quella? E’ godersela? Ed è vita quella di padri e madri che per tutta la notte attendono preoccupati il rientro dei loro figli? “. Ai ragazzi, il sacerdote ha chiesto di riflettere, di celebrare la vita, di tornare a casa senza premere sull’acceleratore. “Domandiamoci piuttosto se siamo felici, se abbiamo la gioia dentro – aggiunge- il valore della vita è in crisi. Ma la disperazione, il pianto di famiglie che perdono i loro figli in questo modo non deve ripetersi. Il monito è anche rivolto a chi può e deve garantire strade sicure, vigilanza. Si prenda coscienza di questo, si dica basta, ma davvero”. Eppure l’impressione, al termine della funzione religiosa, è stata quella di un effetto a metà. Chi era dentro la chiesa è sembrato colpito profondamente da quelle parole. Chi era fuori, invece, ha pensato di celebrare la vita, ma in realtà non l’ha fatto: i giovani in scooter senza casco, a muoversi in maniera disordinata sulla strada sono sembrati uno schiaffo all’importanza di proteggere la vita, proprio mentre si stavano salutando due giovani deceduti in maniera assurda.  Poi  i fuochi d’artificio, la musica a volume assordante. L’intento era rendere omaggio, ma il metodo è sembrato distante da tutto questo. Un ulteriore pugno nello stomaco, la sensazione netta che diventi sempre più difficile far comprendere e comprendere il valore della vita e di una maggiore attenzione sulla strada, per sè e per gli altri.

 

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