Tra le bombe e la speranza, la missione di Tiziana Roggio a Gaza: “Un inferno in terra”

 Tra le bombe e la speranza, la missione di Tiziana Roggio a Gaza: “Un inferno in terra”

È difficile raccontarlo, e forse trovare le parole giuste lo è ancora di più. La situazione nella Striscia di Gaza è drammatica: gli ospedali sono al collasso. C’è chi lì ci ha vissuto e lavorato per tre settimane. Lei è Tiziana Roggio. Ha 37 anni, è un chirurgo plastico, lavora al St George’s Hospital di Londra ed è di Augusta, in Sicilia. È stata l’unico medico volontario italiano ad aver operato nell’ospedale Nasser di Khan Yunis.
A lei non piace essere definita un’eroina. Tiziana Roggio è andata a Gaza perché non riusciva più a guardare, e, essendo un chirurgo plastico, sapeva di poter essere d’aiuto.
“Mi sento come una goccia nel deserto. Quando sei lì hai la sensazione che tutto quello che fai possa essere reso vano nello spazio di un secondo, perché basta una successiva bomba e può uccidere chi tu hai curato e tanti altri in più. Purtroppo, lì c’è un conflitto che si sviluppa ogni giorno e che uccide ogni giorno tantissime persone, anche persone che stanno lì semplicemente ad aspettare di avere aiuti umanitari e un chilo di farina. E quindi dobbiamo ricordarci questo”.

Tiziana Roggio, per quanto sia difficile, racconta — non senza emozione — ciò che ha visto con i suoi occhi. E poi c’è il pensiero per il piccolo Adam. È stata lei a operarlo, insieme ad altri due colleghi inglesi. Adam è un bambino palestinese di 11 anni, figlio della pediatra Alaa al-Najjar, sopravvissuto a un bombardamento israeliano che ha ucciso i suoi nove fratelli e il padre. Adam e sua madre sono ora salvi. Sono finalmente arrivati in Italia la sera dell’11 giugno, insieme alla zia e a quattro cuginetti. Adam sarà ricoverato all’Ospedale Niguarda di Milano. Ma Adam non è l’unico bambino che ha visto con i suoi occhi l’inferno.
Ci sono bambini che non hanno più le gambe, che hanno gravissime lesioni causate dai continui e incessanti bombardamenti. Una bambina è morta per sepsi. La sepsi è un’infezione generalizzata che può interessare uno o più organi e che può arrivare a comprometterne la funzionalità. È una cosa che non sarebbe mai accaduta in Occidente, ma lì è tutto molto più complesso.
Ci sono bambini morti per malnutrizione. Bambini morti per i ritardi nell’ottenere autorizzazioni per essere trasferiti fuori da Gaza per i trattamenti necessari.
A Gaza circa 2.000 famiglie non esistono più. Sono morte più di 57.000 persone.
Da questa parte del mondo, forse si fa fatica a comprendere la reale situazione a Gaza. Tiziana Roggio ha vissuto in prima persona tutto questo. “I social e i telegiornali ci danno la possibilità di vedere con i nostri occhi tantissime immagini, quindi queste hanno secondo me il maggiore impatto, perché ci rendiamo conto. Però credo che in Occidente, purtroppo, si guardi questa guerra molto da lontano, come qualcosa che non ci riguarda. Lo so, per fortuna non ci riguarda direttamente, però bisognerebbe soffermarsi un po’ di più su quelle immagini, invece di considerarle come qualcosa di lontano. Mettersi un po’ nei panni di queste persone che vivono questo conflitto da quasi due anni. Ma finché non sono arrivata lì, non potevo mai immaginare che fosse talmente orribile.”
Tiziana Roggio è arrivata nella zona di conflitto intorno alla metà di maggio. È arrivata in quell’inferno in terra da Amman, in Giordania. Dal primo momento in cui ha messo piede ha avuto paura, non lo nasconde: i continui bombardamenti fanno tanta paura. È una giovane donna, una vita davanti, ma vuole aiutare un “popolo dimenticato”, è così che lo definisce.
“La scelta di andare lì è nata perché, appunto, vedendo tutto questo e sentendo tutto questo, non riuscivo più a stare solo a guardare. Inoltre, so che nella mia attività, io faccio il chirurgo plastico, le mie competenze sono estremamente richieste lì, perché purtroppo non hanno molti medici locali specializzati in chirurgia plastica, e l’entità delle ferite e delle ustioni, nella gran parte dei casi, richiedono il nostro trattamento. Quindi sapevo che sarei stata davvero di valido aiuto.”
Per tre settimane, si è nutrita solamente di cibo in scatola: tonno, carne, cous cous — che a un certo punto ha iniziato a odiare. Ma lì non c’è tempo per pensare a cosa mangiare. Lì sono ore incessanti di lavoro. Lì si tenta disperatamente di salvare vite umane. È difficile spiegarlo. È difficile capirlo se non lo si vive.
Tiziana Roggio ha dedicato tutte le sue ferie per andare nella Striscia di Gaza, e non nasconde che vorrebbe ritornarci. Gran parte del suo tempo lo ha trascorso in sala operatoria, e quelle poche ore che aveva a disposizione le passava in “camera”: una stanza piccolissima, un letto a castello e poco tempo per dormire. Le bombe sono continue, così tante che poi ci si abitua.
Tiziana Roggio è partita con due zaini e poi condivideva delle grosse valigie con i suoi colleghi: all’interno cibo e strumenti per operare. Lì si muore di fame, lì ogni giorno si combatte per sopravvivere. I bombardamenti arrivavano a qualsiasi ora del giorno e della notte. E sono visibili e udibili anche dall’ospedale Nasser. A Gaza si opera con il timore che possa arrivare una bomba da un momento all’altro.

Una normale mattina 6.04 am dal 4 piano di Nasser, Khan Younis

Tiziana Roggio ha imparato dal popolo palestinese una cosa, la ripete più volte: la resilienza.
“Quello che vedi e che senti quando arrivi lì — ma che adesso inizia davvero ad affievolirsi — è la loro immensa resilienza. Uno dei miei colleghi mi raccontava che ha spostato la sua famiglia dopo un turno di 24 ore, perché, a seguito dell’ultimo ordine di evacuazione, ha percorso 24 km a piedi sotto il sole. È assolutamente devastante. E loro, dopo tutto questo, venivano al lavoro in maniera assolutamente dignitosa, lavoravano in maniera super professionale. Questo dovrebbe insegnarci qualcosa. Però, quando siamo andati via e li abbiamo salutati, in molti di loro ci hanno detto: ‘Ci vedremo presto, se saremo ancora vivi’. Quindi la resilienza, chiaramente, adesso sta affievolendosi.”
La situazione negli ospedali di Gaza è grave, e anche qui Tiziana Roggio racconta ciò che ha visto.
“Nella nostra sala di chirurgia plastica operavamo all’incirca 10-15 pazienti al giorno. E poi, la sera, le emergenze — o comunque a seconda della priorità. Questa era la lista elettiva: tutte ustioni, fratture esposte, gravi traumi. Mancano parecchie cose. Ci siamo trovati a utilizzare l’aceto per medicare le ustioni. Mancano gli antibiotici. Mancano tutti gli strumenti monouso, ad esempio i camici sterili, che noi di solito qui utilizziamo e buttiamo via.”
“Gli ospedali sono pochissimi. Potete immaginare che in tutta la Striscia di Gaza ci sono soltanto sei o sette macchinari TAC disponibili. Nasser è uno dei pochissimi ospedali che può fornire un alto livello di cure, ancora attivo, ma è nella zona di evacuazione da due giorni a questa parte, per cui è ad altissimo rischio di essere evacuato. E se verrà evacuato, non ci saranno più terapie intensive che potranno supportare i pazienti. Non ci saranno più grosse sale operatorie che possono accomodare interventi di alta specialità chirurgica.”
“Nessuno merita una cosa del genere”, dice Tiziana. “Sono senza Wi-Fi, hanno tagliato i cavi della fibra ottica. Non gli arrivano gli ordini di evacuazione.”

Al Mawasi

Tiziana è arrabbiata, vorrebbe che ci fosse un maggiore impegno affinché ci sia un cessate il fuoco vero e duraturo. Vorrebbe che questo conflitto venisse raccontato in maniera diversa. Tiziana vorrebbe che si parlasse più di loro, di un popolo che non esiste più. “Vorrei che non venissero dimenticati. Ci vuole più rispetto e più umanità.”
Tiziana non si arrende: con molta probabilità ritornerà a Gaza. Queste non sono righe che hanno l’intenzione di prendere una posizione politica, ma sono righe che raccontano la verità, secondo gli occhi di Tiziana Roggio. Non esiste una verità più profonda di quella di chi l’ha vissuta con i propri occhi.
Tiziana Roggio chiede soltanto umanità. Da diverse settimane la stampa nazionale e internazionale ha avuto ospite Tiziana Roggio, che sta diffondendo la sua cruda realtà, con coraggio, paura, ma anche determinazione.
Che sia la prima, la seconda o la terza volta, varcare il confine della Striscia è un momento che il chirurgo plastico non dimentica. La consapevolezza di entrare in una zona di conflitto c’è, la paura pure: “Tremavo”.
Tiziana adesso è tornata a casa, ad Augusta, ed è circondata dall’amore immenso della famiglia.
“Purtroppo, quando torni nel quotidiano della tua vita, gli impegni ti riportano un po’ a quelli che sono i problemi che lì sembravano così piccoli e così stupidi. Quindi ti distolgono sicuramente un po’ l’attenzione. Io continuo a sentire regolarmente i miei colleghi che sono rimasti lì, perché penso che quello che devo a loro è continuare a diffondere le loro testimonianze e fare in modo che non vengano dimenticate.”
Tiziana non si sente un’eroina. “Gli eroi sono tutti i medici che stanno lì e non hanno paura di affrontare e sfidare la morte.”
L’auspicio di Tiziana è quello di tornare, con la speranza che la pace e il cessate il fuoco possano arrivare. “La mia speranza, ovviamente, è che questa guerra possa finire il prima possibile, che si possa ottenere un cessate il fuoco. Vorrei che il nostro governo e i governi occidentali premessero un po’ di più perché tutto questo accada. E, soprattutto, che queste persone che ho conosciuto e che ho curato, e i bambini, possano riuscire ad avere un futuro. Perché se lo meritano, come tutti gli altri al mondo.”

Tiziana Roggio

Tiziana Roggio non è un’eroina, fa semplicemente il suo lavoro e mette a disposizione tutte le sue capacità in un luogo che ha tanto bisogno. Ma nonostante questo, quello che possiamo dire in questo momento a Tiziana è una sola parola: grazie.

L’intervista.

Foto di Tiziana Roggio.

 

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