Venti giorni dopo il crollo a scuola, ancora niente lavori. La dirigente: "servono risposte"

 Venti giorni dopo il crollo a scuola, ancora niente lavori. La dirigente: "servono risposte"

Ventuno giorni dopo il cedimento di una porzione del soffitto al primo piano del plesso scolastico di via Nazionale, a Cassibile, la scuola aspetta ancora risposte. “Non abbiamo ricevuto comunicazioni ufficiali in merito ai lavori”, spiega la dirigente scolastica Agata Basso. Il primo piano resta inibito. Le lezioni procedono nelle aule al pianterreno con un sistema che alterna le classi: un gruppo fa lezione in presenza una settimana, in didattica a distanza la settimana dopo. E questo per consentire che tutti gli studenti, seppur con un numero di classi dimezzato, possano continuare ad avere un contatto diretto con il sistema scuola. “Siamo primo ciclo, i ragazzi devono fare scuola e devono farla a scuola”, sottolinea pacata ma ferma la dirigente scolastica. Difficile, però, che prima del nuovo anno possano maturare novità.
Neanche il meteo gioca dalla parte dell’istituto comprensivo Falcone e Borsellino. Nei giorni scorsi si sarebbero dovuti svolgere degli accertamenti tecnici, propedeutici ai lavori. Il Comune di Siracusa ha incaricato un professionista esterno, dotato dei necessari strumenti. Ma la pioggia non ha reso possibile l’esecuzione dei previsti rilievi. Si terrà venerdì 11 dicembre, invece, il sopralluogo disposto dalla Procura di Siracusa. L’intervento della magistratura era stato sollecitato dalla stessa scuola. Non è un mistero che negli ultimi mesi, sino a settembre 2020, ci siano stati operai all’interno per una serie di lavori. L’ultima volta proprio nel corridoio interessato dal cedimento ma, secondo quanto si apprende, non nella zona dove si è poi realmente verificato l’episodio.
La dirigente scolastica evita ogni polemica ma chiede “risposte urgenti” al Comune di Siracusa a cui competono gli interventi nel plesso scolastico. “Dobbiamo lavorare in presenza, il sistema che abbiamo subito avviato è una deroga, non può diventare normalità per i nostri ragazzi”.

 

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