Le strategie dell'Asp di Siracusa, il direttore sanitario Madeddu: "Così contrastiamo l'epidemia"

 Le strategie dell'Asp di Siracusa, il direttore sanitario Madeddu: "Così contrastiamo l'epidemia"

I numeri ufficiali diffusi anche oggi dalla Regione pongono la provincia di Siracusa tra le ultime 5 per numero di positivi al coronavirus in Sicilia e tra le prime per guariti. Numeri incoraggianti, senza volere però con questo dato tacere delle criticità registrate nella prima fase di gestione dell’emergenza, specie all’Umberto I, con contagi in crescendo tra sanitari e pazienti. “Molto spesso sono derivati da comportamenti individuali”, spiega oggi il direttore sanitario dell’Asp di Siracusa, Anselmo Madeddu. “Avete notato che il più basso tasso di contagio al mondo è tra gli operatori delle malattie infettive, ovvero tra coloro che sono più preparati alla cultura dell’infection control?”.
Ma torniamo al dato della bassa incidenza provinciale. “E’ il frutto di precise strategie sanitarie. In una fase in cui le cure domiciliari non erano ancora partite, la nostra strategia è stata quella di anticipare i ricoveri e dunque le cure. E ciò è stato possibile grazie all’aumentata disponibilità di posti di malattie infettive derivanti dalla sana programmazione del Piano Covid. Questo ha determinato un aumento dei ricoveri e, quindi una diminuzione dei casi al domicilio, un aumento dei guariti e il crollo dei ricoveri in terapia intensiva, consentendoci di tenere la curva degli attualmente positivi molto più bassa rispetto alla media regionale. Ed oggi che sono partite le Usca, ci aspettiamo un ulteriore miglioramento”, rivendica con orgoglio Madeddu dopo aver inghiottito per settimane in silenzio le critiche che da ogni dove piovevano sul management dell’Asp di Siracusa.
Tra queste anche quella di aver puntato su tre centri covid in provincia anziché uno solo, aumentando così – potenzialmente – i possibili centri di contagio. “L’ospedale di Siracusa non poteva essere escluso dalla rete covid perché le linee guida ministeriali prevedono che la sede hub debba avere Rianimazione, Malattie Infettive e Pneumologia. E l’unico ospedale con queste caratteristiche è l’Umberto I. Inoltre il presidio non poteva essere dedicato solo ai covid, poiché possiede specialità di vitale importanza per l’intera provincia che non possono essere trasferite agevolmente altrove. Valga per tutti l’esempio della Emodinamica. Pertanto – spiega Madeddu -l’ospedale di Siracusa rientra nella tipologia di ospedale generale con aree interne dedicate ai covid, purchè ben distinte, prevista dal Ministero. Per farlo, nell’Umberto I sono state delimitate tre aree: la prima è il filtro della tenda di pre-triage, che funge da separatore dei percorsi all’ingresso, quindi c’è l’Area “Grigi, Tac e Rianimazione” e infine il Centro Covid del padiglione nord di Malattie Infettive. Padiglione che si è mostrato da subito la sede ideale, perché isolato e ben separato dal resto del’ospedale e, pur tuttavia, inglobato nello stesso in caso di emergenza. Motivo per cui è stato scartato il Rizza, troppo lontano dall’Umberto I in caso di necessità di rianimazione e troppo obsoleto. Dal padiglione nord sono state tolte Pediatria e Talassemia, e i posti di Malattie Infettive sono stati raddoppiati a 36 e dotati di impianto gas medicale per ventilare i critici. Il tutto in 13 giorni. Molto funzionale si presentava anche la scelta di allocare i grigi nei pressi della tac dedicata, per il necessario completamento diagnostico, mentre più delicata appariva la separazione tra area dei grigi e pronto soccorso, che presupponeva continue sanificazioni e massima attenzione nei percorsi. E’ per questo che il piano è stato completato col trasferimento del pronto soccorso al piano terra. Oggi dunque, e in particolare a partire dai primi di aprile, i percorsi sono del tutto separati. Ma per far tutto questo occorrevano i tempi necessari. In questo modo – aggiunge il direttore sanitario – i pazienti critici o a media complessità vengono trattati nell’hub di Siracusa, e quando sono in via di guarigione a Noto e Augusta, fino alle dimissioni, secondo un modello vincente sperimentato anche in altre aree d’Italia. Abbiamo invece lasciato fuori dalla rete gli altri due ospedali dell’Asp dotati di rianimazione (Lentini e Avola) per destinarli ai non covid, come da Linee Guida”.
Anselmo Madeddu si mostra contrariato quando si dice che a Siracusa ci si è mossi in ritardo. “Dai primi casi osservati nella nostra provincia ad oggi, tanto è stato fatto: il 2 marzo la prima direttiva su organizzazione e sanificazioni, il 7 marzo l’avvio dei pre-triage, il 10 marzo l’avvio dei lavori al padiglione nord, il 12 marzo rianimazione covid e tac dedicata, il 16 marzo la ristrutturazione dei primi 18 posti di malattie infettive, il 20 marzo l’avvio dei due covid center di Noto e Augusta, il 25 marzo l’attivazione di altri 18 posti al padiglione, l’indomani il completamento dell’impianto gas medicale e l’installazione di 12 ventilatori e monitor. Ed infine il 31 marzo il piano di trasferimento del pronto soccorso non covid al piano terra”. Venti giorni circa per rendere l’Umberto I capace di reggere meglio all’impatto del coronavirus. Eppure c’è voluto l’intervento di un gruppo di esperti inviati dalla Regione per “normalizzare” l’ospedale del capoluogo. “Voglio ringraziare i colleghi del Covid Team, professori Pomara, Cacopardo e Murabito, per l’apporto decisivo che hanno dato nell’ottimizzare e completare il lavoro”, commenta con diplomazia il direttore sanitario Anselmo Madeddu. Al di là di scambi di battute a distanza con altri esperti di casa nostra, i numeri – oggi – sembrano dargli ragione.

 

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