Niente da fare per il Consiglio comunale di Siracusa: respinto il ricorso, no al reintegro

 Niente da fare per il Consiglio comunale di Siracusa: respinto il ricorso, no al reintegro

Niente da fare per il ritorno in carica del Consiglio comunale di Siracusa. Il Consiglio di Giustizia Amministrativa di Palermo ha respinto il ricorso che era stato presentato da alcuni consiglieri comunali, dopo la decadenza dell’assise cittadina in seguito al voto contrario al bilancio consultivo.
Il Cga ha ritenuto che lo scioglimento del Consiglio comunale sia avvenuto osservando il “principio di legalità” (“i presupposti per applicare la misura dello scioglimento risultano individuati in maniera sufficientemente specifica”). Non solo, per i giudici amministrativi “gli interessanti sono stati posti nella condizione di conoscere caratteristiche e conseguenze delle condotte omissive dell’organo”. Insomma, sapevano cosa sarebbe successo votando il no allo strumento finanziario. Ancora, il Cga appunta che “le questioni sollevate non superano il vaglio della non manifesta inammissibilità o infondatezza”.
Pertanto si andrà avanti sino alla fine della sindacatura senza Consiglio comunale a Siracusa, sostituito da un commissario ad acta in carica dalla ratifica dello scioglimento.
A presentare il ricorso erano stati Ezechia Reale, Federica Barbagallo, Giovanni Boscarino, Salvatore Castagnino, Salvatore Costantino Muccio, Alessandro Di Mauro, Antonino Trimarchi, Francesco Zappalà e Ferdinando Messina tutti consiglieri comunali poi decaduti con lo scioglimento. Nel loro ricorso denunciavano “l’illegittimità del decreto di scioglimento impugnato, muovendo dall’assunto che l’art. 109-bis dell’O.R.E.L. prevede lo scioglimento del Consiglio comunale inadempiente soltanto nel caso di mancata approvazione del bilancio preventivo entro il termine stabilito dalla legge, e non anche nella ipotesi di mancata approvazione del rendiconto di gestione”. Inoltre i ricorrenti rimarcavano “come il decreto di scioglimento sia illegittimo per carenza di motivazione, ex art. 3, l. n. 241 del 1990, in ragione della gravità, della rilevanza dell’inadempimento e della omessa preventiva contestazione.

 

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