Siracusa. Festa della Repubblica: celebrazione questa mattina in piazza Duomo

 Siracusa. Festa della Repubblica: celebrazione questa mattina in piazza Duomo

Celebrato questa mattina in  Piazza Duomo il 73° Anniversario della Fondazione della Repubblica Italiana.
La manifestazione ha avuto inizio con la rassegna , da parte del Prefetto di Siracusa, Luigi Pizzi, e del Comandante del Comando Marittimo Sicilia, Ammiraglio. Andrea Cottini, della Compagnia interforze in armi costituita da Soldati, Marinai, Avieri e Carabinieri, Agenti della Polizia di Stato, della Guardia di Finanza e delle rappresentanze del Corpo Forestale dello Stato, del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, della Croce Rossa Italiana, delle Associazioni Combattentistiche e d’arma e delle Associazioni di Volontariato di Protezione Civile.
Presenti i Gonfaloni dei Comuni della provincia di Siracusa e del Libero Consorzio Comunale (ex Provincia Regionale).
Dopo l’alza bandiera, come da tradizione, la lettura del messaggio del Presidente della Repubblica e gli interventi del Sindaco di Siracusa, Francesco Italia e del Prefetto Luigi Pizzi.
Il coro degli alunni del IV Istituto Comprensivo Statale “Verga” di Siracusa ha eseguito l’Inno Nazionale ed altri brani.

Questo l’intervento del sindaco, Francesco Italia.

73 anni fa nasceva la Repubblica italiana. Trascorso poco più di un anno dalla riconquistata libertà e dalla cacciata definitiva dei nazifascisti, il 2 giugno del 1946 gli italiani furono chiamati a decidere del loro futuro e lo fecero con un impeto di partecipazione degno di un Paese e di un popolo che con orgoglio voleva rinascere dopo oltre 20 anni di dittatura e una guerra devastante.

Il quesito referendario poneva il corpo elettorale, per la prima volta aperto anche alle donne, davanti alla scelta tra monarchia e repubblica. Fu preferita la seconda opzione, fu scelta la novità forse nella speranza intrinseca che si voltasse definitivamente pagina, che si aprisse una nuova fase storica capace di portare l’Italia nella modernità generando sviluppo e benessere.

Lasciamo agli storici il compito di stabilire se esista una correlazione tra l’esito referendario e l’eccezionale crescita economica vissuta nei primi decenni dell’Italia repubblicana; ciò che a me pare certo, invece, è che nel secondo dopoguerra, caduto il fascismo, gli italiani riuscirono a liberare una forza creativa e una voglia di rinascita enorme, capace di trasformare un Paese prevalentemente agricolo, arretrato e semianalfabeta (si parlava soprattutto in dialetto) in una delle sette grandi potenze economiche e industriali del mondo. Finita la guerra e liberi dal fardello della dittatura, gli italiani furono protagonisti di un nuovo Rinascimento, stavolta prevalentemente economico e civile in cui la crescita della ricchezza complessiva e individuale andava di pari passo con la conquista di nuovi diritti e il superamento delle diseguaglianze.

Tutto questo fu possibile – ed è ancora possibile – grazie a un rinnovato contesto internazionale in cui le diplomazie, anche quelli degli Stati egemoni, lavoravano per il superamento dei conflitti e non solo per perseguire obiettivi di supremazia. Pur nel contesto minaccioso della Guerra fredda, le relazioni tra le nazioni fecero un salto di qualità creando un clima di collaborazione di cui si giovò anche l’Italia che, sebbene uscita perdente e piegata dal secondo conflitto mondiale, grazie anche alla credibilità di un ceto politico nato dalla Resistenza, poté confrontarsi alla pari nei consessi internazionali. Erano gli effetti positivi del multilateralismo, oggi purtroppo minacciato da discutibili teorie politiche, che smorza i conflitti ed esalta il ruolo e la funzione delle istituzioni sovranazionali come l’Unione Europea.

Un’Europa in pace per 73 anni! Se ci pensiamo bene, mai gli europei – nella loro lunga storia – hanno avuto la ventura di vivere 73 anni senza farsi guerra. Ciò è stato possibile perché l’Unione, per quanto imperfetta ed ancora incompiuta dal punto di vista politico, è comunque riuscita sempre a trovare una sintesi tra le diverse posizioni. Non banalizziamo questa funzione di mediazione svolta da Bruxelles; certamente non la banalizzano i nostri genitori che hanno conosciuto gli orrori della guerra e hanno visto con i loro occhi fin dove si può spingere la cattiveria umana quando, con metodo politico e vestita di ideologia, questa punta alla sopraffazione del nemico.

Dobbiamo dunque vivere questo tempo con la consapevolezza di ciò che è stato costruito e impegnandoci a rinnovarlo per spingerci ancora più in avanti sulla strada della solidarietà e dell’integrazione, superando anacronistici egoismi nazionali. L’Italia, l’Europa, crescono insieme quando si ispirano a valori e ad istituzioni democratiche. È con la democrazia che gli inevitabili conflitti – sociale, politico, culturale – possono essere superati e assumono la dignità di spinta irrinunciabile dello sviluppo e del progresso. Un imperativo categorico per noi e per le future generazioni.

Dal punto di vista istituzionale, poi, il 2 giugno 1946 rappresentò un punto di passaggio fondamentale che portò il nostro Paese dalla Liberazione alla nascita della Repubblica e dell’Assemblea Costituente, fino alla promulgazione della Carta Costituzionale con i suoi valori universali.

Oggi l’Italia ha bisogno di ritrovare quei valori, di recuperare quei sentimenti che ci consentirono di rinascere. Stiamo attraversando momenti non facili. Sul piano internazionale, certo, ma anche su quello interno non mancano tensioni. Assistiamo al riemergere di atteggiamenti e parole d’ordine che pensavamo consegnati a un passato di cui non si sente la mancanza, fatto di lutti e negazione della libertà civili e politiche. Ancora oggi, incredibilmente, torna il bisogno di ricordare che l’antifascismo è un valore costituzionale e che la nostra Carta è figlia della Resistenza che combatté la dittatura.

Io non credo che la Storia si ripeta ma conoscerla è importante per non ricadere negli stessi errori. Essa può avere percorsi simili ma non si manifesta mai alla stessa maniera. Ciò che però restano immutati sono i vizi e le tentazioni dell’uomo, la voglia di affermazione sui propri simili, la voglia di imporre il proprio punto di vista con ogni mezzo e con ogni stratagemma e la voglia, talvolta, di affidarsi all’uomo forte. In momenti di difficoltà, come è già accaduto in passato, siamo attratti da chi ci presenta soluzioni semplicistiche e sbrigative, ma negare la complessità – soprattutto oggi, in un mondo sempre più interconnesso – non solo non serve ma produce ulteriori danni. Ci spinge verso soluzioni sbagliate che lasciano tale e quale la portata dei problemi e rischiano di comprimere la libertà e di produrre discriminazioni.

Rileggiamo, dunque, la nostra Carta costituzionale, figlia di quel 2 giugno di 73 anni fa, con gli occhi di persone del ventunesimo secolo e affrontiamo le sfide di oggi con rinnovato senso civico in uno sforzo comune per rilanciare il Paese. Guardiamo con speranza all’avvenire dell’Italia, protagonista di una politica di pace e di giustizia in un’Europa libera, solidale, democratica e portatrice di valori universali.

Il dialogo e il senso più alto della funzione pubblica e politica devono aiutarci in questo impegno. Perché è proprio nel confronto, nel rigore istituzionale e nel ricordo del sacrificio dei tanti che hanno perso la vita per la giustizia civile e sociale che possiamo trovare le motivazioni per il progresso e per spingere indietro i tentativi di chi fa leva sulla crisi economica per alimentare le diseguaglianze.

Concludo porgendo a nome della città di Siracusa, un caloroso saluto al personale militare e alle forze dell’ordine in servizio che con il loro impegno ed il loro senso dello Stato rendono sicura la nostra comunità. Grazie a tutti voi.

Viva la Repubblica, Viva l’Italia!

 

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